MINNEAPOLIS – È una brutta giornata di pioggia qua nel Midwest del nord. Certamente non una di quelle che ti scaldano il cuore di iniziativa loro, senza che tu ci metta un po’ di impegno. L’autunno non ha ancora portato né il freddo né i suoi colori, ci mostra solo il suo volto grigio mentre il Mississippi, la cosa più bella ed imponente che la natura qui ci regala, di volto mostra il suo, più muddy, fangoso del solito. Insomma, una giornata che ti mette i pensieri anche non volendo.
Nelle front yards delle case, a ricordarci delle upcoming elezioni di novembre, piantati nell’erba come funghi (e come si vede nei film) se ne stanno i cartelli elettorali che invitano a votare questo o quel candidato. Unica nota di colore in una giornata uggiosa. Le elezioni di Midterm si avvicinano.
I media, nel loro abituale tentativo di convincerci di quel che vogliono loro, ripetono le stesse cose con insistenza, ci allertano, direi addirittura ci allarmano: mai come oggi la democrazia negli Stati Uniti è stata a rischio, mai come oggi i candidati dei due partiti, quegli uomini e donne dietro ai cartelli colorati slavati dalla pioggia, hanno avuto pareri così diversi su tutto e su tutti. Idee diverse sulle questioni brucianti che tengono sotto pressione la società, come la guerra, le tasse, l’inflazione, poi recessione, crimine, cambiamenti climatici, immigrazione, aborto, scuola, gender e tutto quel che ha a che fare con la sessualità. E soprattutto sul valore delle istituzioni e sul ruolo dello Stato nella mia vita di cittadino. Allora, supplicano i sedicenti sapienti del mondo d’oggi, che si voti “bene”!
Sono appelli che pretenderebbero di rivolgersi a tutti, ma che di fatto raggiungono solo chi già la pensa in un certo modo. Ognuno nella sua bolla ad ascoltare il proprio richiamo della foresta, a parlarsi addosso, a tirar su palizzate per difendersi dal nemico, a strapparsi le vesti per le – reali o presunte – bestemmie antidemocratiche altrui, che siano le pronunce della Corte Suprema o quelle di qualche giudice libertario in giro per il Paese, che si tratti dell’assalto al Capitol del 6 gennaio, o della persecuzione di Trump, DeSantis ed altri personaggi.
Purtroppo è così e credo proprio sia così anche dalla vostra parte dell’oceano.
Intanto piove e la pioggia più che le elezioni mi fa venire in mente Elmore James che con la sua voce tagliente come un rasoio grida: “The sky is crying, can you see the tears roll down the street” – il cielo sta piangendo, le vedi le lacrime che rotolano giù lungo la strada?
Il cielo sta piangendo, e ce ne sono di lacrime da versare. Guardo le immagini dei primi riservisti russi che contro la loro volontà devono lasciare la vita che conoscono, fatta di affetti e quotidianità con le sue fatiche, gioie e dolori, per andare ad infilarsi nella follia di una guerra che sembra non possa finire mai. Guardo le immagini di Portorico dove l’uragano Fiona ha portato devastazione e lutto e quelle del Canada che si prepara ad essere colpito. Guardo la terra delle mie Marche, affogata da acqua e fango…
Cose lontane? Potremmo essere tentati di pensarlo. Ma il cielo piange anche dalle parti nostre. Piange vicino a noi anche se in vita nostra non abbiamo conosciuto guerra, anche se non saremo mai reclutati per combattere, anche se vento e fango non ci hanno portato via – e magari mai lo faranno – tutto quel che possedevamo, anche se l’assedio dell’ideologia non ha ancora mangiato tutta la nostra libertà.
“I’ve been looking for my baby and I’ve been wondering where can she be”, canta e piange Elmore James, sto cercando la mia bambina, e mi chiedo dove possa essere. L’ha perduta, quella vita preziosa non c’è più. Come per James, così per noi con tutte le persone care, tante, che se ne sono andate in questi tempi. E come James abbiamo bisogno di capire perché, per cosa il cielo piange. Non piange per farci paura, lo fa per tirarci una gomitata nello stomaco e ricordarci che se siamo ancora qui a scorrazzare su questa terra, rain or shine, col sole o con la pioggia, è per un compito. “Forse che il fine della vita è vivere?”, dice Anna Vercors nell’Annuncio a Maria, “Non vivere, ma morire e dare in letizia quel che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!”
C’è tanto da dare, tanto da costruire, tanto da vivere, finché ci è dato da vivere.
È per ricordarcelo che il cielo piange.
God Bless America!
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