È stato solo un attimo. L’alba del giorno era coperta da una fitta nebbia, come se il Tevere avesse voluto estendere una cortina di discrezione e lutto. Il sole è sorto per l’addio. Francesco ha messo la mano sulla bara di cipresso prima della sepoltura nelle grotte vaticane. “Benedetto, che la tua gioia sia perfetta”, gli aveva detto pochi minuti prima. In quell’istante si sono condensati la fine del vecchio e l’inizio del nuovo, ciò che non ha ancora finito di nascere.
Nei tre giorni di camera ardente le spoglie del Papa emerito erano andate diminuendo. Le sue dita si sono fatte più sottili. Il suo corpo, quasi un sospiro. La terra gli era già lieve. L’asimmetria tra la biologia e l’immensità dell’io, della vita, più travolgente che mai. Se n’è andato e sono rimasti i passeri che cantano nel bosco di lecci e pini in cui ha vissuto negli ultimi dieci anni. Sono rimasti i passeri a cantare. Lui nella Luce.
La fine del vecchio e l’inizio di ciò che non è ancora nato, come lui stesso si era definito. In una delle ultime interviste prima delle dimissioni aveva detto che era necessario chiedersi cosa di quello che un tempo aveva un valore essenzialmente cristiano è stato in realtà solamente l’espressione di un’epoca e cosa oggi è veramente essenziale. Aveva spiegato che dobbiamo cercare di dire ciò che è veramente essenziale con parole nuove. Aveva ricordato che per Jürgen Habermas è importante che ci siano teologi (cristiani) capaci di tradurre il tesoro della fede in modo che diventi una parola per un mondo secolarizzato. Così Colui che viene diventa presente nell’orizzonte mentale del mondo secolare.
Che cos’è veramente essenziale? L’organizzazione non è essenziale. “Paolo dunque non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente […]. È importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto – pure l’apparato le appartiene, ma entro dei limiti – bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso. […] i cambiamenti spontanei non nascono da un’istituzione, ma da una fede autentica”, spiegava Benedetto XVI, secondo cui in Occidente c’è un fiorir di iniziative cattoliche che non sono nate da una struttura, da una burocrazia, ma dalla gioia dei giovani. Diceva, quindi, che forse il cristianesimo assumerà un volto nuovo, un aspetto culturale diverso. Il nuovo non era nato, ma Benedetto sapeva dov’era la sua fonte: nella gioia.
Gioia è stata la prima parola di Francesco. Nel suo viaggio in Canada ha detto che se cediamo allo sguardo negativo e giudichiamo in modo superficiale corriamo il rischio di trasmettere un messaggio sbagliato, come se dietro la critica della secolarizzazione ci fosse, da parte nostra, la nostalgia per un mondo sacralizzato, per una società di altri tempi in cui la Chiesa e i suoi ministri avevano più potere e rilevanza sociale. E questa, evidenziava, è una prospettiva sbagliata. La secolarizzazione, spiegava, ci chiede di riflettere sui cambiamenti della società, che hanno influenzato il modo di pensare e organizzare la vita. Dunque, non è la fede a essere in crisi, ma certe forme e modi in cui la annunciamo. Pertanto, aggiungeva, la secolarizzazione è una sfida per il nostro immaginario pastorale, è l’opportunità di ricomporre la vita spirituale in modi nuovi. In questo contesto, è necessaria, evidenziava, una testimonianza traboccante di amore.
Ciò che sta per nascere è una nuova forma di testimonianza che prende molto sul serio le circostanze storiche. E questo dipende, sottolineava Benedetto XVI, dal fatto che siamo veramente capaci di riproporre il messaggio della fede nella prospettiva di Cristo che viene, perché spesso Cristo viene presentato con formule vere, ma inerti, senza vita, che non riescono a penetrare nel contesto della nostra vita e spesso non sono comprensibili. Oppure, accade che Colui che viene sia totalmente svuotato, falsificato perché ridotto a un topos morale che non significa nulla.
La nebbia che si era diradata è tornata di nuovo dopo la sepoltura, coprendo ciò che sta nascendo. Lui se n’è andato e i passeri cantano. Lui ora è nella Luce.
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