Lo spagnolo di Tereza ha la musicalità e le mille vocali del brasiliano. Mi dice che i sostenitori di Bolsonaro, quelli che hanno preso d’assalto gli edifici governativi, erano persone pacifiche, sono stati provocati da violenti “antifascisti”. Mi dice di guardare diversi video sui social network che lo dimostrano e di smettere di informarmi sui media tradizionali che sono fonte di bugie.
Tereza era una donna dolce come molti altri uomini e donne che vanno in chiesa la domenica. Il suo pastore guida una congregazione appena creata che alimenta una forma di religiosità irrazionale. Senza rendersene conto, applica i testi sacri, direttamente, per fare politica. Tereza ha probabilmente trovato nei suoi “nuovi fratelli” una compagnia che colma vecchie lacune. La sua dolcezza si è trasformata in risentimento, rifiuto dell’altro e nostalgia di un presunto mondo perduto. Tereza aveva una cultura democratica essenziale che si è lentamente dissolta, in un processo per nulla tragico.
Il tentato golpe in Brasile, come quello di due anni fa a Capitol Hill, è un fenomeno complesso. La stragrande maggioranza degli elettori di Bolsonaro lo ha votato più per un rifiuto emotivo verso Lula che non per l’essere realmente d’accordo con ciò che l’ex Presidente sosteneva. La mancata accettazione del risultato elettorale ha avuto successo, soprattutto, tra la polizia militare. Spetta a Lula sanare le ferite con una politica pragmatica, realistica e non ideologica. Sa come farlo, ma altra cosa è che voglia e possa farlo. Ma ci sono già numerosi avvertimenti. I fondamenti antropologici sono diluiti. Non conviene insistere per non stancarsi. Senza soggetto non ci sono istituzioni.
C’è stato un tempo in cui la difesa del soggetto personale e sociale era ben sintetizzata con lo slogan “meno Stato, più società”. Poi l’individualismo liberale si è appropriato della formula e ha identificato la società con il mercato. Dopo la crisi del 2008, è stato necessario un cambiamento. Sembrava ragionevole postulare “uno Stato migliore per rafforzare la società”, soprattutto perché l’impero del denaro aveva sostituito i soliti protagonisti della sovranità. Ora siamo in un altro momento. Non c’è Stato da cui difendere il soggetto, né Stato che possa difendere il soggetto. Semplicemente non c’è soggetto. Il corpo sociale è smembrato. Il progressismo richiede l’intervento dello Stato, non più per garantire l’uguaglianza, ma per risolvere i problemi lamentati e proteggere i nuovi diritti individuali. In questo coincide con l’individualismo liberale di destra. Le reazioni identitarie e sovraniste, così come le soluzioni del comunitarismo, hanno lo stesso problema. Non traggono le conseguenze della frammentazione senza possibile unità che diluisce la capacità critica, della diversità senza nulla in comune, delle superfici senza profondità, della mancanza di appartenenze che abbracciano, dell’assolutizzazione della ragione tecnica che disintegra, del disorientamento che non permette di trovare un posto nel tempo e nello spazio.
Tutti questi fenomeni, che determinano la vita del soggetto sociale e personale, piuttosto che le cause sono il sintomo che abbiamo cessato di esistere. Senza progresso, senza verità universali (ambite dall’Illuminismo), senza ragionevole religiosità e ragione religiosa (in realtà sono la stessa cosa), non siamo nulla e non creiamo nulla, per quanto ci affanniamo. Da qui la precarietà delle soluzioni antiche e moderne (progressismo, conservatorismo).
Non siamo niente. Ecco perché il “compromesso storico”, l’ampio fronte con i difensori dei valori occidentali, è qualcosa di vuoto, vecchio come l’aratro romano. Il quadro linguistico in cui viene pronunciata la parola verità è cambiato radicalmente, tanto che anche colui che la pronuncia non ne è posseduto. Servono solo quelle esperienze che ci permettono di tornare a essere, ricostruire o conquistare per la prima volta un soggetto unificato, un io “desiderante”, conosciuto o riconosciuto, sono utili. E queste esperienze non sono fornite né dalla morale, sempre più colonizzata dal risentimento, né dalla dottrina che inaridisce la certezza. Solo la bellezza degli eventi ripetuti nel tempo. Solo questo costruisce cultura. Solo questo permetterà a Tereza di tornare a essere una democratica.
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