In questo momento in cui deflagra la guerra un po’ ovunque e ci sentiamo tutti impotenti e smarriti colpisce la nuova campagna delle tende Avsi che lega la ricerca della pace ai nostri volti concreti, a quelli delle persone. Perché la pace tra nazioni e Stati comincia da un cambiamento di sguardo e di atteggiamento nella vita quotidiana tra persone di etnia, cultura, religione diversa che può fare superare odi secolari.
Resta scolpito nella memoria, anche a distanza di mesi, l’incontro con Vira, una signora ucraina, nei pressi di Leopoli. Lei, malata oncologica, accolta con i due figli in un asilo nido allestito a rifugio temporaneo, alla domanda “Di che cosa avete bisogno?”, sottovoce per non disturbare nessuno, ha risposto: “L’unica cosa che ci serve è la pace”.
Non cibo, non vestiti caldi, non medicine, non una casa. Ha chiesto pace. Questo il bene essenziale, il desiderio primo, quello che si accende fin dalle prime luci del mattino e muove Vira, ma anche Adnan, siriano, o Lebiran, venezuelana, o Baptiste haitiano, e tutte le persone che, in troppi luoghi del mondo, vivono nell’angoscia, sbalzati fuori dal ritmo di una vita normale da violenza cieca e conflitti.
Un desiderio nel quale ci riconosciamo facilmente, tutti noi distanti dall’Ucraina o dalla Siria. Accomuna e cresce in modo proporzionale alla paura che ci incutono le immagini di inferno che arrivano da Paesi, deserti, città bombardate, attaccate, distrutte.
Con questo bisogno e anche con l’altra sua faccia, la paura, si confronterà la nuova Campagna Tende di Avsi, che ha scelto come titolo quest’anno “Desideriamo la pace. Diamole volti, i nostri”, dove quel “desideriamo” è insieme al modo indicativo e riconosce un fatto, che al congiuntivo e suona come un’esortazione.
Le “Tende” sono la campagna annuale di sensibilizzazione e raccolta fondi che attraverserà l’Italia, ma farà tappa anche negli Usa, in Inghilterra, Giappone, Francia e altri Paesi, con eventi diversi promossi dalla rete internazionale di sostenitori quali occasioni per incontrarsi attorno al tema pace, di dare spazio alla voglia di fare qualcosa per difenderla e incontrare di persona testimoni dal mondo, al lavoro sui progetti di Avsi.
Lungo il percorso emergeranno tante storie diverse, accomunate da un fattore comune: dove si concentrano risorse di creatività, reti di persone, progetti che sostengono lo sviluppo, lì si innescano processi di pace. La pace chiede sviluppo, lo sviluppo chiede pace, lasceranno intendere le vicende dei bambini di Haiti che desiderano tornare alle loro aule, chiuse a causa delle bande armate e il panico che seminano per le strade della capitale e non solo; o quei tunisini che hanno avviato una cooperativa per la pesca sostenibile, per mantenere le famiglie, allontanare il rischio dell’emigrazione clandestina, generatrice di conflittualità sociale perenne; o gli agricoltori kenyoti che nel fare rete tra loro hanno sconfitto le tensioni sociali e creato un clima di collaborazione e benessere per famiglie e le giovani generazioni; o dei rifugiati venezuelani accolti e inseriti al lavoro con progetti disegnati su di loro in Ecuador e in Brasile, dove hanno potuto trovare un futuro lontano dalla fame e dalle persecuzioni.
I dialoghi delle tende, costruiti su storie vere di persone in carne ossa, daranno volti alla pace, mostreranno come ogni progetto – che possiamo sostenere da qui – cambi in meglio la vita delle persone. Documenteranno come l’azione della cooperazione allo sviluppo, portata avanti da AVSI con la sua rete di partner e donatori, sia un fattore di pace perché, accompagnando le persone a riconoscere il proprio valore e dignità, le renderà libere, protagoniste di sviluppo, cioè animatrici di comunità in cui l’altro è percepito e accolto come un bene, non per forza come una minaccio o un nemico.
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