Siamo in una fase di transizione tra l’ormai superata struttura globale, affermatasi a partire dalla caduta del Muro di Berlino, e una nuova, che ancora dobbiamo conoscere. Un passaggio della storia che spesso assume le sembianze di eventi dirompenti e violenti, come testimonia il moltiplicarsi di guerre di varia natura, militare, tecnologica ed economica. Tutte scosse di un unico terremoto destinato a mutare molte cose, in un modo ancora a noi ignoto.

Le cause di tale cambiamento non sono solamente di natura economica e sociale, ma innanzitutto antropologica. Il paradigma del libero mercato, principale ragion d’essere della globalizzazione, è stato ossessionato dalla massimizzazione dell’utilità e del rendimento delle risorse, fino al paradosso di trascurare quella più preziosa, la persona. Il mondo frammentato di oggi e la contrapposizione tra nazioni sono la diretta conseguenza dell’isolamento della persona, dell’indebolimento dell’io-in-relazione. Paradossalmente, in un contesto di massima connessione, i legami sociali sono stati ridotti ai minimi termini. La persona ha smarrito la sua identità e quindi non è più capace di dialogo. È il concetto di “società liquida” illustrato dal sociologo Zygmunt Bauman, una società priva di consistenza solida, di legami appunto, che tende a frammentarsi. Un’assenza di relazioni e una polarizzazione che dal livello individuale si riflettono inevitabilmente a quello politico e sociale. Questa “monadizzazione” dell’individuo è l’inizio di una dinamica che ora si compie nella frammentazione economica, politica e sociale che sempre più spesso è fonte di conflitti e violenze inaudite. Non per caso, si stanno creando blocchi e alleanze sempre più definiti e contrapposti: Oriente e Occidente, Alleanza Atlantica e Russia, Usa e Cina, Paesi sviluppati e Brics, democrazie e autocrazie.

Da questo nuovo contesto globale sta prendendo forma un nuovo paradigma economico. Come scriveva l’economista Galbraith, “Le teorie economiche sono sempre e profondamente un prodotto dei tempi e dei luoghi; e non si può analizzarle prescindendo dal mondo che interpretano”. Un paradigma non più fondato esclusivamente sul libero mercato, ma caratterizzato da un ruolo sempre più attivo del settore pubblico. L’intervento degli Stati nelle economie nazionali è diventato più pervasivo negli ultimi anni, complici anche le recenti emergenze. Alla mano invisibile dei singoli teorizzata da Adam Smith, si affianca quella sempre più visibile dello Stato, intenzionato a incidere nei sistemi economici nazionali per assumere posizioni di rilevo nella nuova mappa geopolitica mondiale. Ci avviamo dunque a una crescente interdipendenza tra settore pubblico e privato.

Che ruolo può avere la sussidiarietà in questo nuovo contesto? A mio avviso cruciale. Proprio la collaborazione virtuosa a tutti i livelli tra i diversi soggetti e nuclei di potere è il cuore della cultura sussidiaria. Una cultura che riconosce il primato e la dignità di ogni persona e delle sue relazioni, valorizzando il ruolo dei soggetti istituzionali e sociali che le sono più prossimi. Il pensiero fondante la cultura sussidiaria è proprio la collaborazione tra la pluralità di soggetti, favorendo il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli attori della società.

I corpi intermedi possono tornare a essere un fattore legante decisivo. Favorendo il dialogo tra i vari soggetti e poteri sociali, possono essere una leva importante per costruire un nuovo modello che coniughi i pubblici poteri con l’istituzione dal basso, costituita dalle singole persone nella loro responsabilità e da tutta la rete dei fenomeni associativi di collaborazione e integrazione. Occorre riscoprire il valore dei corpi intermedi come luoghi di aggregazione che contribuiscono non solo a soddisfare concretamente i bisogni delle persone in quanto esseri relazionali, ma anche a svolgere l’arduo compito di educare e valorizzare i desideri umani, tra cui quelli “socializzanti” identificati dal premio Nobel Arrow.

Si pensi al valore aggiunto che il principio di sussidiarietà può portare nel processo di sviluppo e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Se propriamente applicato, il modello sussidiario può favorire il perseguimento delle migliori strategie di allocazione delle risorse, declinate alle differenti scale territoriali, consentendo alle autorità pubbliche di ogni livello di individuare le priorità nei processi di trasformazione e offrire risposte adeguate alle urgenze nazionali. Può consentire di individuare in modo diretto e capillare i bisogni più urgenti e presenti a tutti i livelli della società e di connettere in modo virtuoso individui, società, mercato e Stato.

La rete di relazioni intra- e inter-generazionali che questo modello tende a salvaguardare, grazie anche al lavoro dei corpi intermedi, proietta verso una dimensione di più ampio respiro, necessaria per intraprendere un percorso di sviluppo di lungo periodo. Il concetto di giustizia inter-generazionale, al cuore della cultura sussidiaria, è un elemento fondamentale per conciliare diversi orizzonti temporali e avere una prospettiva che non si limiti al tempo immediato. In questo senso, essere attenti alle esperienze che nascono dal basso, può essere di grande aiuto per individuare quelle soluzioni e relazioni di cui oggi più che mai abbiamo bisogno.

Nonostante la sua lunga storia, la sussidiarietà assume oggi un ruolo più che mai fondamentale. In questo momento storico il suo valore può essere riscoperto come risorsa essenziale per lo sviluppo economico e sociale.

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