Si tratta di un inedito. Un Presidente degli Stati Uniti in carica che partecipa a uno sciopero. Biden ha voluto sostenere i 150.000 lavoratori del settore automobilistico che hanno incrociato le braccia. Anche Donald Trump sta cercando di trarre vantaggio dalla situazione e si è unito alle proteste del grande sindacato United Auto Workers (UAW). È uno sciopero che colpisce i tre principali produttori del Paese: General Motors, Ford Motor e Stellantis. I dipendenti stanno lottando per migliorare i propri stipendi. Le aziende vogliono risparmiare per poter finanziare la transizione dall’auto a benzina a quella elettrica.
Il settore automobilistico si trova nella fase che Philipp Blom chiama “Omega”, un concetto economico che si applica alle questioni legate al significato. La fase Omega è quella in cui un’azienda che sta attraversando momenti difficili cerca di risolverli intensificando ciò che sta già facendo. Più produttività, innovazione, risparmi, rafforzamento della forza lavoro, pressione sui prezzi, pubblicità… sempre di più, più velocemente e in modo più radicale. Ma le vecchie soluzioni non funzionano. Il cambiamento è più profondo. Un sintomo di ciò è «che la realtà e il linguaggio che deve rifletterla non sono più concordi. La lingua non ha le parole giuste per esprimere i sentimenti e le esperienze che determinano la vita di molte persone», sottolinea Blom. Ecco perché è necessario iniziare la ricerca di un’altra lingua.
Tale ricerca è un processo lento e lungo. Un processo reso complicato da «una lotta per il potere tra le diverse interpretazioni della realtà (…). Si sperimentano nuove narrazioni, nuovi modi di conoscere, nuove emozioni e proliferano folli teorie del complotto. Sono molte le voci che cercano, con il loro volume o la loro emozione, di prendere un’altra direzione, ma sono rimaste in silenzio per molto tempo». Di fronte a questa situazione, c’è chi chiede che si dia valore, che si giudichi usando la «verità», «la solita verità, la verità che costruisce certezze». Ma queste «presunte certezze consistono in un volo all’indietro, verso l’utopia di un passato perfetto che non è mai esistito. Questa risposta si chiama ritiro, identità».
Accettiamo la sfida, formulata da Philipp Blom, di trovare un linguaggio, una valutazione della realtà, senza le false certezze che ci fanno fuggire all’indietro. Per «riconnettersi con la realtà» è necessario utilizzare un tipo di grammatica che ci permetta di interpretarla. Non c’è rapporto con la realtà senza interpretazione, senza critiche che ci aiutino a coglierla. Questo è fuori discussione. Il problema è identificare da dove possa nascere questa critica che rende la «riconnessione» efficace. Ed è qui che gli schemi, le costruzioni dottrinali, i sistemi di interpretazione, irreprensibili nella loro logica interna, sono inutili. Una critica che parte dall’astrazione è destinata alla sterilità. Se si tratta di valutare per tornare alla realtà così com’è, nella sua forma concreta, non possiamo limitarci a rammaricarci della confusione del tempo presente e ad attribuire la colpa a un «potere malvagio» che ci allontana dalla natura umana. E non serve nemmeno designare alcuni esperti come riferimenti per «spiegarci il mondo». La fiducia negli esperti è proporzionale alla sfiducia nell’umanità e spesso porta a oscuri labirinti di dominazione.
E allora da dove può arrivare la critica così necessaria? Dalla realtà stessa, dalle cose. Dall’impatto con le cose così come sono. In questo impatto emerge la critica vera che, come ha detto lo scrittore, genera «la relazione che esiste tra me stesso ed io». Una relazione che non è mai stata risolta, sempre aperta. I 150.000 lavoratori in sciopero dell’auto hanno la sfida di migliorare i loro salari, ma anche il bisogno di «riconnettersi con la realtà», così com’è. Vivere con un salario basso è molto difficile. Senza riconnessione è impossibile.
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