In quale stato versa il sistema sanitario italiano? Sta subendo trasformazioni radicali che impatteranno sulla vita dei cittadini? Quali? Sono domande che tengono banco nei dialoghi pubblici e privati, soprattutto dopo la pandemia da Covid-19. E soprattutto da quando i tempi d’attesa per visite ed esami si stanno allungando e da quando sta aumentando il ricorso a risorse private per ottenere prestazioni fino a pochi anni fa garantite in tempi ragionevoli dal Servizio sanitario nazionale.
Per capire dove il sistema sanitario sta andando ci vorrà tempo e studio. Intanto è importante fissare il punto in cui si trova nel contesto internazionale e alcuni criteri utili a dargli una collocazione.
I dati dell’Ocse riferiti al 2019 (ultimo anno non influenzato dalla pandemia) mettono in relazione la spesa pro-capite e, come indicatori dello stato di salute, il tasso standardizzato di mortalità totale e l’attesa di vita alla nascita.
Lo scenario che viene a crearsi in questo modo è costituito da due gruppi di nazioni: il primo composto da Paesi che spendono in media meno di 4.000 dollari pro-capite all’anno, e un secondo da Paesi che ne spendono di più. Tra coloro che spendono poco in sanità è evidente la mortalità aumenta al diminuire della spesa; tra coloro che spendono di più, invece, all’aumentare della spesa la mortalità diminuisce in maniera praticamente impercettibile. Lo stesso fenomeno si osserva se invece di considerare la mortalità totale si prende in esame l’attesa di vita alla nascita.
Quanto detto porta a concludere che è come se ci fosse un plateau di spesa pro-capite (attorno a 4.000 dollari-anno medio), oltre il quale non sembra esserci un beneficio significativo degli indicatori di salute di un Paese.
L’Italia si trova, insieme alla Spagna, al confine dei due gruppi di nazioni europee: può essere considerata quella che in sanità spende di più tra le nazioni che spendono meno, oppure quella che spende di meno tra le nazioni che spendono di più.
Il dato interessante da notare è che, almeno fino al 2019, in Italia si moriva di meno e si viveva più a lungo, non solo tra i Paesi che stanziavano meno risorse in sanità, ma anche tra tanti dei Paesi nei quali si spendeva decisamente di più. È noto che lo stato di salute è definito da tanti fattori, quali lo stile di vita, la condizione sociale, economica, e ambientale. Ciò detto, possiamo senz’altro concludere che anche il sistema sanitario abbia contribuito positivamente a salvaguardare la salute degli italiani.
La prospettiva però pare tutt’altro che rosea. Vivere più a lungo non significa automaticamente una vita dignitosa fino all’ultimo, soprattutto per chi ha redditi bassi. Inoltre, la popolazione italiana è una delle più vecchie al mondo: quasi il 20% supera i 65 anni di età e, secondo i dati Istat, nel 2050 circa l’8% degli italiani avrà più di 85 anni.
La carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, come riporta l’Istituto Superiore di Sanità in un recente rapporto, sta aumentando ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all’anno) e le nuove assunzioni (8 mila all’anno). La scorsa estate, il sindacato dei medici e dirigenti del comparto del Servizio sanitario nazionale, Anaao Assomed, lanciava l’allarme anche per i dieci medici al giorno che abbandonano gli ospedali in età non pensionabile.
Il ricorso al privato con costi a carico del cittadino e la fuga dei professionisti dalle strutture pubbliche a quelle private sono fatti che preoccupano.
L’attuale Governo nella Legge di bilancio ha aumentato i fondi del SSN di circa tre miliardi di euro, il che è una misura importante, ma non sufficiente. Serve una soluzione strutturale. È quanto è stato affermato dalla magistratura contabile nell’audizione sulla manovra nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato: “I vincoli che si porranno in futuro sul fronte della spesa portano a guardare con preoccupazione al rinvio nell’individuazione di soluzioni più strutturali ai problemi del nostro sistema sanitario”.
Quello che manca al momento è un’ipotesi su come rinnovare e rendere efficiente il Sistema sanitario nazionale assicurando a tutti cure di uguale qualità.
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