FOTO LETIZIA – Già di primo mattino su un gruppo whatsapp creato alla bisogna, verosimilmente uno dei tanti, scorrono quasi a raffica le istantanee dei gruppi di volontari all’opera per la Colletta nei supermercati di tutto lo Stivale. Molto arancione, per via delle pettorine. Ma soprattutto molto sorriso, per via del cuore lieto, non certo perché stanno dicendo cheese – momentanea finzione per lo scatto. La letizia attrae e contagia, incoraggia e conforta il desiderio di donare qualcosa per chi ha bisogno, che pure sta da qualche parte nel cuore di chi va a fare la spesa. Una bella Italia, dai.
IL SUVONE IMBRONCIATO – C’è anche quello che ti parcheggia addosso il suo suvone da spandimento, roba da centomila o giù di lì, tutta nera lustra la carrozzeria come l’umore del possessore, tutta cromata l’attrezzatura di paraurti, fregi e pacchianate varie, come la moto della canzone di Battisti. Gli tocca passare rasente le borsette tese dei volontari, cosa che palesemente gli ripugna, passo svelto e altezzoso, non li degna di uno sguardo. Una brutta Italia, eh? quella senza un filo di letizia, incazzata di default col mondo intero, perché ha il cuore ingrippato. Ma poi, stiamoci bene attenti, la linea di demarcazione non è tanto fuori di noi, ma dentro noi stessi. Per non dire di Dante, che avari e prodighi li piazza nello stesso girone infernale.
BAMBINA SPERANZA – Torniamo al gruppo whatsapp che è meglio. La foto più bella ritrae Elinor, nove anni, pettorina arancione d’ordinanza, che spiega con disinvoltura e convinzione la colletta a un attento cliente, a occhio sulla cinquantina o più. Ecco la speranza. Che merita tutta l’attenzione e la cura, e chi se ne importa del suvone dell’avaro arrogante. Come Elinor, tanti ragazzini, ragazzi e giovani insieme a canuti e pluridecorati veterani alla 27ma colletta alimentare. Ragazzi in cui scatta un’imitazione per attrattiva che a buon diritto si può chiamare educazione.
UN SOGGETTO VIVO – Il tratto della letizia ha accomunato sabato scorso 140.000 volontari e raggiunto milioni di persone che nonostante il carovita e i tempi duri hanno donato anche più – il 9 per cento – dello scorso anno. La raccolta contribuisce significativamente ai prodotti che il Banco Alimentare fornisce a 7.600 enti, come Caritas, Banchi di solidarietà, mense dei poveri, unità di strada, ecc., che aiutano direttamente 1.700.000 bisognosi. In questo modo la Colletta e il Banco Alimentare configurano come una grande infrastruttura della carità. La quale non starebbe in piedi, né durerebbe 27 anni, se non ci fosse a generarla e alimentarla un soggetto, un pezzo di popolo, desideroso di “sperimentare la carità come dimensione fondamentale del vivere”, come ha sottolineato il presidente della Fondazione Banco Alimentare, Giovanni Bruno.
BISOGNI , PERSONE – L’impegno solidale e volontario è lodevole. Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, lo sottolinea, ma rimarca nel contempo che “i poveri sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime. Sono fratelli e sorelle con i loro pregi e difetti, come tutti, ed è importante entrare in una relazione personale con ognuno di loro”. Numerose realtà – per esempio Banchi di solidarietà – consegnano gli aiuti alimentari a domicilio delle famiglie, costantemente attraverso gli stessi due volontari, proprio per poter conoscersi, ascoltarsi, condividere: stabilire quella relazione personale di cui parla il Papa. Perché i numeri dicono molto (uno su dieci non arriva a fine mese: per la precisione un italiano su 16 e uno straniero su 3), ma l’ampiezza e la natura del bisogno emergono in un incontro. Nella relazione personale. Bisogni macroscopici – scarsità di quattrini, di salute, di istruzione. Ma anche più delicati ancora, come l’incapacità a gestire in maniera accettabile la quotidianità domestica, a proporsi per il lavoro, a vivere una socialità positiva. Ma poi, in fondo a tutto, il bisogno che ognuno di noi ha, e che accomuna chi dà e chi riceve, di essere considerati, di essere un valore per qualcuno, di essere amati. In tutti i piaceri – annotava Pavese nel suo diario (Il mestiere di vivere) l’uomo cerca l’infinito. È vero. Ciò accade perché al fondo di tutti i bisogni vi è il bisogno di infinito. Si piò non rispettare questa profondità della dignità di un uomo con l’arroganza del suvone nero, ma anche con l’arroganza di una generosità pelosa. Anche con un welfare perfettissimo – ipotesi ormai dell’irrealtà – sarà sempre necessaria la gratuità, la carità.
E LA PACE? – Giustamente il presidente Bruno conclude il suo commento indicando nella carità, significato esauriente del gesto della colletta, “il presupposto per una convivenza capace di costruire una prospettiva di solidarietà e di pace”. Se qualcuno è convinto che sia più efficace bruciare le bandiere israeliane (o palestinesi, ovviamente)… che dirgli? Provi a partecipare alla Colletta e a scoprire volti lieti. Poi ne riparliamo.
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