Un anno fa, il 30 novembre 2022, il lancio di ChatGPT diede inizio al rapido diffondersi dell’intelligenza artificiale (IA) generativa. Considerandone l’impatto e la pervasività – ormai l’IA è entrata a far parte del linguaggio comune – il tempo trascorso da allora sembra ben maggiore. L’IA era già in essere, ma questo evento l’ha popolarizzata a velocità sorprendente. La relazione tra uomo e tecnologia ha influenzato e plasmato l’intera epoca moderna, dalla prima rivoluzione industriale a oggi, non risparmiando ad alcuna generazione la convivenza con il timore e il fascino per i sempre più rapidi sviluppi tecnologici. Noi non facciamo eccezione.
Ci si chiede non solo se intelligenza artificiale e intelligenza umana possano convivere, ma anche se lo sviluppo della prima comporti un’atrofizzazione o un potenziamento della seconda. Tradotto nel linguaggio economico, se intelligenza artificiale e umana siano beni sostituti o complementi. Un anno è troppo poco per rispondere a un simile quesito. Senza dubbio, come è stato in tutte le fasi di grandi innovazioni tecnologiche, l’IA sostituirà – e in effetti già sta sostituendo – diverse mansioni fino ad ora svolte da essere umani (si veda l’OECD Employment Outlook 2023). Dall’altra, è altrettanto evidente che l’IA permette di realizzare cose che l’essere umano ancora non è in grado di compiere, soprattutto nel campo medico e scientifico.
Dopo i mesi appena successivi la diffusione dei primi strumenti di IA generativa, quando a dominare era il timore dell'”effetto sostituzione”, sta crescendo la consapevolezza del fatto che l’IA può essere usata come uno strumento che aiuta l’intelligenza umana a realizzare cose che non saprebbe svolgere da sola. Oltre all’inevitabile funzione sostitutiva in alcuni ambiti, si sta diffondendo anche una dimensione sussidiaria dell’IA, utilizzata cioè a subsidium dell’intelligenza umana. Una dimensione sussidiaria che può permettere all’intelligenza umana e artificiale non solo di convivere, ma anche di svilupparsi insieme.
Ciò che distingue l’IA generativa dalle forme più tradizionali di AI è la sua capacità di generare nuovi contenuti (o output) sulla base di determinati input (o prompt) grazie a tecnologie chiamate Large Language Models (LLMs). L’individuo dà l’input e i LLMs generano l’output. Qui sta la complementarietà. Nell’ambito dell’IA generativa, dunque, l’intelligenza umana sarà sempre più stimolata nella creazione del giusto input, più che nel processo di generazione dell’output. E dal momento che la qualità dell’output dipende fortemente dalla qualità dell’input, il ruolo umano nell’utilizzo dell’IA generativa rimane e sarà sempre di più decisivo.
La creazione del prompt può sembrare banale, ma non lo è. Non sempre, infatti, i LLMs generano il risultato che ci si attende. Questo dipende, a volte, dai limiti di queste tecnologie, altre, da una inefficace espressione del prompt stesso. Dare il giusto input richiede chiarezza del risultato che si vuole ottenere – non tanto nel contenuto, motivo per cui si usa l’IA, quanto nella direzione – e una certa creatività. A volte sono piccole sfumature che determinano la qualità del contenuto finale. Questo vale sia per l’uso individuale, sia per quello collettivo, come all’interno di un team aziendale o altri gruppi di lavoro orientati al problem solving. Chiarezza dello scopo, creatività, e intuizione critica saranno competenze sempre più necessarie per l’utilizzo efficacie di questi strumenti. Recentemente l’OECD ha enfatizzato l’importanza nelle non-cognitive skills (NCS), o competenze trasversali, nei processi di IA.
Proprio le NCS sono state oggetto di diversi studi promossi dalla Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con numerosi enti tra cui Randstad e diverse province italiane (ad esempio, Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni valori, 2021). Tra i vari risultati interessanti, emerge che le comunità e le istituzioni locali sono un fattore importante per lo sviluppo delle NCS. Attraverso il sistema educativo, la convivenza sociale, l’interazione a vari livelli tra individui e tra istituzioni favorita dai corpi intermedi, le comunità locali sono spesso i luoghi dove creatività, capacità relazionale e di problem solving maturano con più facilità.
Seppur apparentemente sottile, c’è dunque un legame tra cultura sussidiaria e IA, sia in termini di funzione – l’IA come subsidium all’intelligenza umana – sia in termini di competenze richieste per un suo efficace utilizzo. Insieme alle diverse dimensioni dell’IA che stanno suscitando l’interesse di molti, quella sussidiaria è sicuramente meritevole di attenzione e approfondimento.
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