Tre mesi dopo le elezioni, il leader dei socialisti spagnoli ha il sostegno parlamentare sufficiente per essere rieletto Presidente del Governo, grazie ai voti dell’indipendentismo. Carles Puigdemont, l’uomo che ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna e che si trova a Bruxelles per sfuggire alla giustizia spagnola, permetterà a Sánchez di governare in cambio della concessione di un’amnistia discutibilmente costituzionale.
Lo scandalo causato dall’amnistia è enorme. Fino a pochi mesi fa, Sánchez negava che fosse possibile concederla, anche perché viene rifiutata da quasi il 60% degli spagnoli e da un elettore socialista su tre. La maggior parte dei giudici, dei sindacati di polizia, dei vecchi riferimenti al socialismo e, naturalmente, della destra sono contrari. La politica spagnola, già polarizzata, è ora un campo di battaglia, tutti i ponti tra il Partito socialista e quello popolare sono saltati.
Sánchez non nasconde il fatto che se non avesse avuto bisogno dei voti di Puigdemont non avrebbe preso in considerazione l’amnistia che genera tanto rifiuto e che, secondo molti, comporta una resa da parte dello Stato. Ma il Primo ministro sostiene che occorre “fare di necessità virtù” e che questa misura servirà a portare “pace” nelle relazioni tra la Catalogna e il resto della Spagna.
Lo scenario è cambiato molto rispetto a sei anni fa, quando Puigdemont dichiarò, per alcuni secondi, l’indipendenza della Catalogna. I partiti indipendentisti stanno perdendo consensi, le grandi manifestazioni popolari a favore della secessione sono praticamente scomparse, il 52% dei catalani non la vuole più. È diventato chiaro che in questo momento non è possibile perché non avrebbe il sostegno internazionale. E, come dicono i socialisti catalani, molte persone, senza dover rinunciare alle proprie idee, hanno bisogno che la Catalogna funzioni. Perché non un’amnistia per voltare pagina?
Il movimento indipendentista catalano è cresciuto con due decisioni, prese dalla Corte costituzionale e dal governo del PP, per preservare lo stato di diritto. I catalani hanno votato a favore di una riforma dello Statuto (una sorta di Costituzione federale) nel 2006 e l’allora Presidente del Governo, Zapatero, ha fatto credere loro che questa modifica sarebbe stata pienamente rispettata. La Corte costituzionale, tuttavia, nell’esercizio delle sue funzioni, l’ha corretta. Tale decisione è stata presa come una limitazione all’autogoverno dei catalani. E lo era.
La seconda decisione è stata il ricorso ai giudici, guidato dal Pp, dopo i fatti del 1° ottobre 2017 (referendum illegale, dichiarazione di indipendenza, disobbedienza alle autorità giudiziarie, uso dell’intimidazione). La Corte Suprema ha condannato i responsabili. La stragrande maggioranza di loro, a eccezione di Puigdemont e di alcuni altri, è già stata in carcere. Perché lo Stato, che ha già dimostrato la sua forza, non può ora essere generoso? La generosità sarebbe un nuovo segno di solidità. E l’interesse generale potrebbe rendere auspicabile un gesto di perdono. La destra finirebbe per trarne vantaggio.
Una soluzione del genere pone diversi problemi. Non vi sono garanzie che il movimento indipendentista, a medio termine, abbia rinunciato ai suoi obiettivi (tra cui un referendum sull’autodeterminazione). Puigdemont, a differenza dei leader dell’Erc, l’altra formazione indipendentista, non si è minimamente sottomesso allo stato di diritto. Inoltre, l’amnistia, in linea di principio, non rientra nella Costituzione.
Quest’ultimo ostacolo potrebbe essere superato. Tutte le insidie potrebbero essere superate. Le Costituzioni sono testi scritti, interpretati dalla giurisprudenza dei tribunali di garanzia. Ma sono anche patti di convivenza, che possono essere riformati, sia con procedure consolidate che con nuove interpretazioni. Perché non un nuovo patto tra gli spagnoli, tra i loro rappresentanti, per pacificare la Catalogna? Ciò richiederebbe almeno l’accordo dei due principali partiti politici, che rappresentano la grande maggioranza degli elettori. E questo è impossibile perché l’amnistia è concessa da Sánchez per rimanere al potere. La polarizzazione della vita politica della Spagna impantana il Paese.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI