Contro l’oppressore asburgico, Gianbattista Perasso detto Balilla tirò un sasso e partì la rivolta dei genovesi. Strano destino, il suo: balilla furono chiamati i ragazzi dagli otto ai quattordici anni destinatari dell’educazione fisica e morale fascista. A rimorchio, Balilla fu anche il nome che una Fiat compiacente col regime dette alla sua  mitica prima utilitaria.

Contro l’oppressore austroungarico Enrico Toti tirò la stampella, e morì. Destino già segnato il suo: lui aveva finito le munizioni e il cecchino maledetto (copyright Renato Pozzetto) l’aveva già colpito.

Contro l’oppressore borghese – i ricchi signori in smoking e le signore ingioiellate e impellicciate che entravano alla Scala – Mario Capanna tirò uova marce. Evidente che il suo destino era di leader della contestazione studentesca: ai poliziotti rivolse un convincente fervorino, e quelli decisero di non caricare i manifestanti. Non chiesero loro neanche i documenti.

Contro il fantasma dello stra-defunto e cremato oppressore fascista, tal Marco Vizzardelli, loggionista, giornalista, antifascista, scagliò il suo grido. “Viva l’Italia antifascista”. La Scala da showroom degli sporchi capitalisti divenne ipso facto la Roccaforte della Resistenza e il carneade Vizzardelli andò in televisione. A sua insaputa il destino gli aveva riservato un posto nel pantheon degli eroi delle liberazione. Lui voleva solo spernacchiare La Russa e Salvini, e etto libertario.

“Viva l’Italia antifascista”. E “viva anche Carlo Marx”, per averci avvertiti, correggendo Hegel, che la storia si ripete sì due volte, ma “la prima come tragedia, la seconda come farsa”. E figuriamoci le volte successive alla seconda. Che poi più che la Roccaforte della Resistenza, la Scala di Vizzardelli è una Fortezza dei Tartari, dove morire che si veda almeno in lontananza l’ombra di un nemico.

Che poi non è neanche esatto attribuire il (de)merito della farsa al destino. Ci sono state due forze in campo: il Pd e l’informazione. Il Pd è quella forza cui “è venuta meno la spinta propulsiva del comunismo” (copyright Enrico Berlinguer, 1981). Quanto ai media, sono quelli che “la televisiun la gh’ha una forsa del leon, la televisiun la te indurmenta ‘me un cujùn” (copyright  Enzo Jannacci, 1975).

Pd di Elly Shlein e “certa” informazione come il Gatto e la Volpe. Alla Scala è successo un fatto da meno di nulla, di quelli di cui una volta il capo ti diceva un “e dov’è la notizia?”, che ti suonava come un de profundis. Adesso il Gatto e la Volpe ti fanno vedere la Scala come un Campo dei Miracoli, dove semini un gridolino e nasce una banda che “solo di trombe siamo due milioni” (copyright Claudio Chieffo, 1974).

Di questa farsa non meriterebbe in realtà neppure parlare, se non per far mente locale su due problemi seri per la vita e la crescita di una comunità civile. Che riguardano l’opposizione politica e l’informazione di massa.

Il Pd. La profezia di Augusto Del Noce, la trasformazione del Pci e in un partito radicale di massa, si è da tempo avverata e se ne è già scritto anche in questo spazio. Come collanti rimangono i nuovi diritti (ma è un collante debole e, se spinto, divisivo) e l’antifascismo (che è l’unico cui aggrapparsi perché essendo totalmente astratto non corre il rischio della verifica nell’esperienza sociale e politica). In queste condizioni il partito che è stato più al potere negli ultimi vent’anni appare ridotto ad essere privo o debolissimo di idee sulle grandi partite aperte, a livello internazionale (Ucraina, Medio Oriente, Europa…) e nazionale (Pnrr, investimenti, istruzione e lavoro). Dei temi più tipicamente sociali questo Pd si è fatto espropriare dal populismo demagogico dei Cinquestelle (reddito di cittadinanza, bonus da 110 per cento, salario minimo) rispetto al quale sembra semplicemente al traino.

Un’opposizione che sia portatrice di vere idealità, alternative credibili e proposte realistiche è essenziale, essa sì, per la democrazia. Servirebbe una nuova rifondazione. Servirebbe un nuovo Gramsci o almeno un nuovo Berlinguer. A proposito: è aperta a Roma una ricca mostra, istruttiva per tutti, anche per i dirigenti attuali del partito.

Ma anche il ruolo dell’informazione è importantissimo per una democrazia che non voglia reggersi sul rimpirlimento del popolo, il riciclo dei luoghi comuni e la spettacolarizzazione del nulla. La realtà non è un reality, e oltretutto non è affatto detto che sia più noiosa.

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