Sanità, quali elementi per una riforma

Si moltiplicano le analisi per un approccio più realistico e ponderato alla crisi della sanità pubblica. Una riforma è ora possibile

Qualche settimana fa su queste colonne si è ragionato intorno alla sostenibilità (in realtà alla non sostenibilità) dell’attuale Servizio sanitario nazionale (SSN) e si è indicato con forza la necessitò di pensare ad una riforma complessiva del SSN, un servizio che dopo 45 anni di vita mostra tutto il suo logoramento e le sue debolezze soprattutto a seguito dei grossi cambiamenti che hanno investito (e stanno investendo) il contesto sanitario: l’invecchiamento della popolazione, l’insorgere del tema della cronicità, la difficoltà di reperire risorse, la crisi del personale, l’assenza della assistenza territoriale, la marginalità di quella socio-sanitaria, l’esplosione della lunghezza delle liste di attesa, e così via, e per non farci mancare niente bisogna prendere atto che sono ripartite anche le malattie infettive (Sars-CoV-2 et similia).

Successivamente, un altro contributo ha indicato la condizione sine qua non per procedere ad una riforma del SSN: la necessità di partire da un pensiero alto, perché i critici (ed i criticoni) sono tanti e diversificati, ma sembra mancare una ipotesi su come rinnovare e rendere efficiente il SSN, se persino la Corte dei Conti guarda al sistema sanitario con preoccupazione perché non si stanno individuando soluzioni considerate strutturali.

Un ulteriore passaggio segnala che pensare alla sanità solo in modo sanitario equivale a progettare una sanità assolutamente incompleta, parziale, e alla fin fine inadeguata.

Sono solo gli ultimi interventi con i quali questo giornale ci sta indicando la strada che si dovrebbe imboccare per un rinnovamento serio del nostro SSN, una strada che fortunatamente comincia ad essere frequentata (per non dire trafficata). Infatti sono proprio di questi giorni alcuni significativi contributi che non si limitano a segnalare il problema (necessità di costruire un percorso di riforma) ma cominciano ad indicare i pilastri attorno ai quali (secondo alcuni almeno) occorre progettare il SSN dei prossimi anni.

In una intervista a Il Sole 24 Ore Sanità Elio Borgonovi (Sda Bocconi) espone la sua ricetta per la sostenibilità del SSN, distaccandosi dal coro dei soliti lamentosi (mancano i soldi, manca il personale, stiamo perdendo il SSN, ecc.) e provando a formulare alcuni elementi di proposta.

Il primo. Puntare sulla riorganizzazione lungo la catena della continuità assistenziale, potenziando le cure al di fuori delle condizioni per acuti, arruolando tutti gli attori che “sanitari non sono” ma che contribuiscono a perseguire ed a mantenere la salute, soggetti esterni al SSN ma la cui collaborazione può essere sostanziale per la presa in carico del paziente fragile (integrazione con i comuni, attivazione delle comunità locali, coinvolgimento sistematico del no-profit e del volontariato). Lungo questa strada, sempre secondo Borgonovi, occorre superare la logica degli standard centralizzati e calati dall’alto e valorizzare, responsabilizzandoli, i livelli decentrati attraverso flessibilità ed elasticità, evitando di ingessare il sistema.

Il secondo. Occorre passare dall’attuale approccio a prestazione alla presa in carico del paziente fragile, così da evitare l’inutile duplicazione delle prestazioni (soprattutto per affrontare la multi-cronicità), da implementare il governo dei consumi farmaceutici, da favorire la collaborazione coordinata dei diversi attori, in modo che al centro del SSN venga messo il cittadino paziente e non la prestazione da erogare.

Il terzo. È necessario generare un modello capace di favorire i collegamenti tra le regioni cosiddette “forti” e quelle “deboli”, creando collaborazioni e favorendo lo scambio di conoscenze, con un livello centrale non preoccupato di accentrare i poteri ma di dar luogo a forme di aiuto che intervengano a sostenere le strutture più fragili e passando da una impostazione sanzionatoria (esempio: commissariamento) ad un approccio che favorisca la facilitazione degli interventi.

Dopo aver ricordato che la “Res publica” non la si garantisce solo con l’istituzione pubblica, Borgonovi conclude che per progettare una riforma del SSN occorre avere un lungo dibattito alle spalle, mentre in questi ultimi 20 anni il nostro Paese è stato caratterizzato da “poco pensiero”.

Il secondo contributo lo si può trovare nella recente presentazione del rapporto OASI (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano) del Cergas (Centro di ricerche sulla gestione sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi. Il rapporto parte dalla constatazione che il sistema di welfare del nostro Paese fornisce rilevanza preponderante al tema delle pensioni lasciando così poco spazio agli altri elementi del welfare, tra cui la sanità: ne consegue perciò un limite importante alle risorse che possono essere impiegate per il SSN.

A questa constatazione di tipo generale ne segue una seconda che ha invece carattere particolare: “già oggi metà delle visite specialistiche ed un terzo degli accertamenti sono a carico dei cittadini”, dice Francesco Longo, uno dei due coordinatori del rapporto, e Alberto Ricci (l’altro coordinatore) aggiunge che “l’offerta del SSN è già razionata, ma implicitamente. Siamo di fronte ad un universalismo dichiarato che, in realtà, è selettivo. Ciò pone la questione se definire delle priorità consapevoli, orientate ad individuare i bisogni più intensi e a rispondervi in maniera efficace, o continuare ad accettare un razionamento dettato, il più delle volte, dal caso o dalla capacità individuale di navigare il sistema burocratico” o, aggiungiamo noi, dall’iniquità che si viene a creare per la mancanza di risorse economiche e di conoscenze che caratterizza una fetta sempre più estesa di popolazione fragile e bisognosa di interventi sanitari e socio-sanitari: già oggi, nonostante le dichiarazioni di formale adesione all’universalismo, non è detto che chi accede ai servizi sia chi ha maggiore bisogno.

Ed a commento del rapporto OASI, Quotidiano Sanità riprendendo le tesi ivi sostenute scrive: “Insomma, quella di un universalismo delle cure che dovrebbe garantire ogni prestazione sanitaria a chiunque, gratuitamente e in qualsiasi contesto appare come una opzione non realistica”, cioè “occorre andare oltre l’illusione di un SSN che garantisce tutto a tutti e capire come far fronte ai crescenti bisogni di una popolazione anziana”.

Sulla stessa linea dell’universalismo selettivo anche Sergio Harari (Corriere della Sera, 3 dicembre 2023), dopo aver riportato alcune informazioni sulla ripartizione della spesa sanitaria: “Siamo sinceri, su questi numeri possiamo continuare a definire universalistico il nostro Servizio sanitario nazionale? Forse no, o almeno in parte no. Ormai una fetta consistente della spesa viene effettuata direttamente dai cittadini (il 21,4% è infatti out of pocket)”.

Un terzo contributo di proposte si trova ancora sul Sussidiario ed anche se indirizzato più direttamente alla situazione lombarda, mette sul tavolo problematiche che meritano attenzione proprio in ottica di riforma quali, ad esempio, il ruolo degli ospedali (con l’accento posto sulla valutazione di esito) ed il loro finanziamento (superamento della logica a DRG), l’assistenza territoriale (centrata sulla presa in carico del paziente e sui percorsi diagnostici terapeutici assistenziali e non sulle operazioni immobiliari seguite al PNRR, la logica di remunerazione dei MMG (abbandono della quota capitaria), con un invito anche a rivedere i criteri di riparto tra le regioni del Fondo sanitario nazionale.

Rispetto alle discussioni parziali in corso, alle osservazioni critiche incentrate su alcuni aspetti (finanziamento, liste di attesa, personale, ecc.) sicuramente meritevoli di attenzione ma non indicatori di un approccio che possa rappresentare la strada verso un percorso di riforma del SSN, con i contributi citati assistiamo ad un deciso passo in avanti nel livello del dibattito, perché si cominciano a delineare visioni, prospettive e temi attorno ai quali lavorare per identificare i pilastri di quello che sarà il SSN che lasceremo in dote a chi viene dopo di noi.

Dice giustamente Borgonovi che la strada è lunga ed il dibattito non potrà essere né breve né limitato, come insegnano anche le precedenti riforme. Da questo punto di vista le tematiche esemplificativamente indicate rappresentano alcuni sicuri argomenti attorno ai quali sviluppare una discussione che può essere anche molto dura da digerire (vedi, ad esempio, la necessità di definire delle priorità), ma la crisi che il SSN sta vivendo potrà vedere una soluzione solo se si avrà il coraggio di seguire anche in sanità l’indicazione generale che ci ha dato Papa Francesco: passare da un’epoca di cambiamento ad un cambiamento d’epoca.

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