È uno strano professore il Cristo dei Vangeli. Uno di quelli che pagheresti tutto l’oro del mondo per incontrare: uno di quelli che, all’improvviso, manderesti a svernare dritto a quel paese. L’ameresti, prima di tutto: “Prendi, leggi bene qui cosa c’è scritto!” ti dice mentre, mettendoti una busta chiusa in mano, contempli per la prima volta la luce nelle mani dell’ostetrica. Leggi: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato” (Mc 25,35-36). Tradotto: “Oggi ti ho fatto nascere: benvenuto al mondo. Il giorno che tirerò giù le serrande di questa tua avventura, queste son le domande che ti farò: leggi, memorizzale, falle tue, prepàrati. Voglio vederti salvo, amore mio!”.

Come si fa a non amare un prof così, quando lo trovi: uno che il primo giorno di prima elementare ti anticipa già le domande che tu, dopo oltre dieci anni, troverai nella busta per conseguire la maturità. Quel giorno, se non saprai a menadito le risposte, sarai un pollo: hai avuto tutta la fortuna del mondo, la versione in anticipo di anni, tutto il tempo per impararla a memoria. Per la lode devi correre! Meno, sarà un’insufficienza imperdonabile (Grazie, prof!).

Il professore – quel professore che ti ha anticipato di sottobanco la versione – non ti ha detto, però, il giorno esatto in cui ti siederai per fare la maturità: lo immagini facendo i calcoli, conteggiando di non venir mai bocciato, sperando non accada un evento che annulli anni scolastici. Il giorno e l’ora, precisa, però, tu non li sai già: il prof non te li ha detti. Tanto che, quando arriverà, quel prof amatissimo un po’ lo detesterai. Perché sembrerà tanto, quel giorno, un compito a sorpresa, di quelli che fanno infuriare lo studente: “Così non vale: aveva detto che avrebbe continuato la spiegazione” gli si rinfaccia. Tempo perso: è lui il prof, ha il coltello dalla parte del manico. Zitti e pedalare!

È il professore, non deve giustificarsi. Però, per correttezza, lo fa: “Fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati”. Non è cosa da poco sapere in anticipo ciò che ci verrà chiesto: c’è tutto il tempo per prepararsi, se uno ne avrà voglia. Non basta, però, la buona volontà: occorrerà alzarsi ogni mattina e calcolare che, proprio oggi, sarà il giorno in cui si aprirà quella busta: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento”.

In quella giornata nessuna giustificazione esibita verrà accettata. Tanto meno quella che darà la colpa alla sveglia che non ha suonato: “Scusi, prof: è che io ho bisogno di dormire almeno 13 ore al giorno. Più la notte” tenterà di dirgli qualcuno con le occhiaie truccate ad arte per farle apparire cariche d’insonnia. Altri, magari con una capacità di linguaggio superiore, tenteranno di filosofeggiare un pochino: “Davvero, prof: non capisco come mai tutti dicano che l’insonnia viene di notte. Mi capita spesso di soffrirla di giorno, purtroppo”.

Mica s’incazzerà l’amatissimo-odiatissimo prof: semplicemente gli dispiacerà tantissimo che, pur avendo fatto di tutto per farti fare la più bella figura, tu abbia perso tempo solo perché “tanto io so già cosa mi chiederà. Posso anche iniziare il giorno prima a studiare”. Non intuendo, però, che il giorno-prima d’un giorno che non sai quale sia, potrebbe essere proprio quel giorno che decidi di scioperare con la vita. Giorno maledetto e bastardo diventerà: il giorno della grande occasione perduta. Mai più riavuta.

A nessuno, quand’è studente, piacciono i compiti a sorpresa. Tutti, però, in età adulta capiamo che se un prof non coglie di sorpresa, ogni tanto, gli alunni, non saprà mai la verità sulla loro preparazione. Le “interrogazioni organizzate”, alla fine, sono la migliore modalità per fare credere intelligenti anche gli asini più asini che ci siano nel vicinato. “Quello che dico a voi lo dico a tutti: Vegliate!” (cfr Mc 13,33-37). È il massimo della frustrazione possibile: venire messi nelle condizioni di fare goal a porta vuota e, quando arriva all’improvviso il pallone, addormentarsi di brutto.

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