Il Natale in una realtà di aiuto a persone in difficoltà come la PARS di Corridonia mette in luce che il cuore dell’accoglienza è l’amore alla bellezza che c’è in ogni uomo al di sotto di ogni stortura. Quella che mostra ogni anno Gesù rinascendo di nuovo.
Siamo ormai da più di 20 anni al Villaggio San Michele Arcangelo, nel maceratese, dove la cooperativa PARS Onlus ospita persone che hanno perduto pezzi di vita a causa dell’uso di droghe. In collaborazione con enti pubblici affidatari, gli operatori della Pars caratterizzati da competenze socio-educative e psicologiche e medici si prendono cura di persone affette da dipendenze patologiche e volti a un reiniserimento nella vita sociale il più rapido possibile. Particolare attenzione è anche rivolta ai minori appesantiti da deficit educativi, disagi o disabilità.
Il Villaggio San Michele Arcangelo offre ai ragazzi, oltreché un’introduzione al lavoro, una vita di comunità che sostituendosi temporaneamente alla famiglia di origine permette loro un percorso educativo e assistenziale. Eppure la professionalità e la competenza nell’affrontare i problemi delle persone assistite non basterebbero, soprattutto in questo tempo così pieno di difficoltà, locali e globali. Proprio nei giorni di Natale emerge quell’aspetto recondito ma presente nella nostra realtà per cui si fa largo dentro di noi la commozione nel guardarci.
Mentre ascolto il Concerto n. 8 dell’opera n. 6 di Corelli “fatto per la Notte di Natale” mi vengono in mente gli occhi dei miei cari figli e di mia moglie che, assieme ad altre famiglie, condividono la vita intera (!) con gli ultimi degli ultimi. Sabato 23 dicembre nell’Auditorium dedicato al nostro amico Francesco, scomparso l’anno scorso, le famiglie, gli ospiti delle comunità con gli educatori e don Paolo della Fraternità S. Carlo si sono coinvolti in un gesto di riflessione sul Natale, per mettere a fuoco che la nascita di Gesù, dentro un luogo angusto e povero, è la nostra vita. Tutto direbbe il contrario: i tradimenti, le sconfitte, l’abbandono del percorso terapeutico. Tutto è dentro a quegli occhi e a quelle voci che, cantando e leggendo il percorso di Maria e Giuseppe, rendono evidente come “i nostri atti ci seguono” e che la storia di ogni persona, come ben descritto nel libro di Paul Bourget, non si esaurisce nell’individualismo, ma si compie nella comunione.
Accettare la sfida di papa Francesco sulle periferie esistenziali è il rimedio contro lo strapotere che ci vuole omologati e consumatori. Ciò significa scoprire che l’altro, in comunità per associazione mafiosa e uso di cocaina, è come me!
Aveva ragione don Pierino Gelmini, che lasciava sempre un posto in più a tavola con la minestra fumante, per l’ultimo che poteva giungere in qualsiasi momento.
“Vivere così”, come diceva il buon don Giussani, si può. Solo questa posizione permette un vero lavoro sulla persona rendendo armonico il rischio educativo, la psicoterapia e l’aspetto medico-farmacologico, che normalmente viaggiano in maniera dissonante. Così rinasce la persona che non concepisce l’esistenza dimenticando il passato, ma, nella sofferenza, affronta il presente.
E anche se a volte viene il rammarico di non essere bravi a comunicare al mondo tanta bellezza, mi sovviene immediatamente l’immagine di Gesù morto nelle braccia della sua cara Mamma, dipinto da Giotto, che, nell’apparente sconfitta, rende l’esistenza piena di speranza.
In questo senso, siamo grati per la possibilità di mostrare con queste poche righe che siamo strumento di salvezza.
Ci auguriamo che questo breve articolo possa essere occasione per le famiglie e per coloro che si trovano in situazione di bisogno di incontrare l’opera della PARS ed essere aiutati a cambiare la propria vita.
Buon Natale.
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