NEW YORK – “Who am I that you care for me?”, “Chi sono io che ti prendi cura di me?”

Fareste ancora in tempo a trovare un biglietto aereo conveniente e raggiungerci a New York per vivere con noi l’avventura del prossimo weekend alla ricerca di una risposta a quella domanda, una risposta che sia la promessa di un cammino percorribile.

Sono quindici anni che proponiamo il New York Encounter, sono quindici anni che quest’opera fiorisce nell’inverno newyorkese saltando fuori come un bucaneve. Desiderata, attesa, lungamente e pazientemente costruita, ma allo stesso tempo sempre imprevista ed imprevedibile, molto più grande di noi che la mettiamo insieme, dei nostri numeri, delle nostre capacità e risorse. Inimmaginabile. Perché come diceva il mio e nostro amico Lorenzo Albacete, “To expect what we imagine requires patience; to wait for what we cannot imagine requires desire”, aspettare ciò che immaginiamo richiede pazienza; aspettare ciò che non possiamo immaginare richiede desiderio.

Così ogni anno da quindici anni il New York Encounter succede, suscita sempre più curiosità e raccoglie sempre più gente. E tutti, dagli speakers che incontriamo a chi arriva perché incuriosito ed attirato dal tema o da un evento in particolare, da chi capita per caso alle guardie di sicurezza ed ai tecnici del Metropolitan Pavilion, ognuno porta a casa (quantomeno) un senso di letizia che vuol dire speranza.

Ostacoli? Covid, inflazione e… New York City, perché come dico scherzosamente agli amici del Meeting di Rimini, metter su qualcosa qui non è come farlo in Romagna… Qui poi le cose non durano proprio, tutto si appassisce in fretta. Non l’Encounter. Gli ostacoli sono stati e continuano ad essere tanti, ma tanti sono anche coloro che decidono di contribuire, chi offrendo spunti e suggerimenti contribuendo a programma e realizzazione, chi donando denaro o beni necessari, chi mettendosi all’opera per realizzare quelle mostre che ogni anno riusciamo a presentare, chi rendendosi disponibile a fare quel che c’è da fare, come gli oltre 400 volontari che fanno funzionare la baracca.

Quello che chiamiamo “il tema” è il campo di battaglia su cui incontriamo le fatiche, i dolori ed il vuoto di questo mondo che vogliamo abbracciare con testimonianze di vita che possano illuminare ed incoraggiare il cammino di tutti.

Il “programma” nasce così. Ogni anno saltano fuori cose nuove ed affascinanti, cose da scoprire, conoscere, capire. L’Encounter è una finestra spalancata sul mondo, ed una casa per accogliere tutti. Andate a dare un’occhiata, e tenete conto che, fuso orario permettendo, potrete seguire tutti gli eventi del palco principale in live-streaming sul nostro canale YouTube. Basterà andare sul nostro sito e cliccare. Anche uno tecnologicamente handicappato come me ce la può fare.

“Encounter”, incontro, ed è proprio cosi. Un evento culturale, certamente, ma cultura come la intendiamo noi. Non una cosa esclusiva per intellettuali, ma occhi per vedere e cuore e testa per giudicare, e questo è per tutti. E poi, come lo chiama un caro amico “volontario da sempre”, il New York Encounter è “the event of a people”, l’avvenimento di un popolo.

“Mai visto niente del genere”, come commentano pieni di stupore tutti quelli che capitano al Pavilion. C’è poco da esserne fieri. C’è molto da ringraziare.

God Bless America!

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