I nodi del superbonus – ora urgentissimi da sciogliere in Italia dopo troppe dilazioni e complicazioni – e quelli dell’efficientamento energetico (urgenti fin d’ora benché la nuova direttiva Ue guardi all’arco di un decennio) hanno come punti critici d’avvolgimento le case degli italiani: i 18 milioni circa di unità abitate da famiglie in proprietà e i 5 milioni circa in affitto.

La cronaca aggiunge continuamente input significativi, dall’Italia e dall’Ue. Nel nostro Paese corrono prezzi e canoni nelle città più attrattive sul piano delle opportunità di lavoro o d’impresa, che spesso lo stanno diventando anche per il turismo. I rialzi inflazionistici si oppongono frontalmente a chiunque cerchi casa. Chi vuole acquistarla si ritrova davanti il muro dei rialzi dei tassi d’interesse sui mutui oltre alla “bolla” delle quotazioni delle case con categoria energetica alta.  Coloro che necessitano di un alloggio in affitto (anzitutto i giovani ad alta mobilità per ragioni di studio o lavoro) combattono sul doppio fronte degli aumenti del canone e delle bollette energetiche. Non da ultimo: lo sviluppo delle piattaforme globali – teoricamente mirante a creare un mercato degli affitti più aperto e flessibile – ha talora l’effetto concreto di restringere l’offerta di locazioni oltreché di ricreare una vasta area non regolamentata, terreno fertile anche per l’evasione fiscale.

Notizie di fibrillazioni rilevanti giungono nel frattempo da altri Paesi dell’Ue. Il governo portoghese guidato dal socialista Antonio Costa ha deciso una controffensiva di public policy contro il caro casa che preme dal mercato. Fra boom  e “sboom” immobiliari in un Portogallo sempre più meta di turismo stanziale, sono 700mila le case private vuote (in un Paese che ha un sesto della popolazione italiana), di cui 50mila solo a Lisbona: in attesa anche del ritorno di un “eldorado” di euro-pensionati “low tax”. Il Governo vuole ora intervenire fra domanda e offerta assicurando ai proprietari una rendita fissa. Lo Stato prenderebbe in gestione le case per cinque anni e le assegnerebbe in subaffitto, sulla scia di quanto già fatto a Lisbona durante l’emergenza Covid. Un secondo percorso stimolerebbe invece la vendita di case con forti incentivi fiscali. Di più: sarebbero a carico dell’erario anche le spese per l’eventuale ristrutturazione a patto che poi i proprietari concedano in locazione gli immobili. Lo Stato interverrebbe anche in caso di morosità,  garantendo ai proprietari le somme non riscosse e riservandosi voce in capitolo anche sulle soglie dello sfratto.

È una ricetta fortemente dirigista: che in partenza sembra arduo possa forzare lo “stato di diritto” di una democrazia di mercato com’è il Portogallo, da decenni parte integrante dell’Ue. Ma il fatto socioeconomico e quindi politico – a Lisbona, Europa – c’è tutto. E sembra mettere, ancora una volta, in discussione le peculiari “politiche della casa” di volta in volta pensate a tavolino a Bruxelles. 

Nel frattempo l’Italia deve sciogliere i nodi della “politica per la casa” decisa in piena pandemia da un premier M5S – Giuseppe Conte – e da un ministro dell’Economia “eur-dem” come Roberto Gualtieri, attuale Sindaco di Roma. Nel bilancio dell'”operazione 110″ fanno a gara inflazione, frodi, pressioni supplementari sui parametri deboli di stabilità finanziaria; sperequazione fiscale fra chi ha beneficiato del superbonus e chi vi ha solo contribuito, vedendosi ora privato di quella o di altre agevolazioni.

È davvero difficile affermare chi – fra Italia e Ue – debba rimettersi subito a fare i “compiti a casa” sulla politica della casa.

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