Chi può rispondere ai tanti piccoli e grandi bisogni quotidiani che si incontrano in una città? L’esperienza della Gulliver di Pesaro ci mostra un metodo, imitabile da tutti in cui comunità di cittadini possono tornare protagonisti della loro storia e del loro destino.
Oggi, come 12 anni fa, spiego ai volontari e ragazzi delle scuole cosa è la sussidiarietà per la “Onlus Gulliver” di Pesaro.
Occupiamo con la nostra presenza quegli spazi di bisogno lasciati vuoti dallo Stato e dal privato. Siamo partiti in 40 volontari con un primo bilancio di poche migliaia di euro: un piccolo gruppo di genitori in periferia che voleva colorare di bellezza le aule dei propri figli, far crescere piante nel giardino e siepi attorno la scuola, dipingere le pareti e acquistare giochi per il giardino.
Inizialmente ci siamo autotassati e abbiamo fatto le prime opere. Poi allungando lo sguardo, abbiamo conosciuto le esperienze dei gruppi Hemmaus in Francia e i Charity shop inglesi. Da li è nata l’idea di organizzare un circuito del riuso che riutilizzasse e rivendesse a fini benefici oggetti scartati dalla gente.
Eravamo partiti da un interesse specifico, il benessere dei nostri figli, ma la nostra impresa è andata ben oltre, quasi nostro malgrado. In poco tempo siamo cresciuti di numero perché il nostro fare stupiva e faceva aggregare tantissimi volontari, ognuno con la propria sensibilità. E questo ci ha fatto abbracciare l’interesse generale e il bene comune, senza che neanche ce ne accorgessimo.
Siamo cresciuti pian piano cercando di rispondere a ogni richiesta ragionevole e alla nostra portata proveniente da chi ha bisogno. La Maria ha bisogno di qualcuno che la porti dal medico gratuitamente? Andiamo noi. Nessuno si occupa di Marta perché è sola? Andiamo noi. Nessuno rende fruibile un parco per le famiglie? Andiamo noi. Tante Marie e tanti bisogni.
Così oggi non solo siamo divenuti uno dei più grandi progetti di riuso d’Italia, ma nelle nostra attività svariamo dalla distribuzione di beni di prima necessità al dipingere una casa di una famiglia bisognosa, dal pulire i giardini delle scuole al finanziare corsi contro il bullismo e la violenza sulle donne nelle scuole, dall’acquistare strumenti necessari al locale ospedale al fornire vitto e alloggio per chi debba dimorare temporaneamente nella nostra città per motivi di grave bisogno.
Oggi siamo un Ets odv dotato di personalità giuridica con oltre 250 volontari, 11 dipendenti, 40 collaboratori, tanti ragazzi delle parrocchie, del servizio civile, del Corpo di solidarietà, oltre 100 lsu/map del tribunale e 300 Pcto dello scuole ogni anno, quattro sedi, con una superficie di quasi settemila mq di capannoni per la nostra attività, un bilancio di previsione di quasi un milione. E inoltre ribaltando il paradigma del Terzo settore ostaggio dei contributi dell’ente pubblico non abbiamo mai chiesto finanziamenti pubblici. Al contrario superiamo i 50 mila euro annui di donazione al Comune per gli arredi nei parchi quali ad esempio altalene e scivoli.
La più grande crescita però non è stata nelle cose fatte e da fare, ma nella nostra consapevolezza che ci fa camminare a testa alta. Non siamo supereroi, ma persone al servizio del prossimo senza un interesse economico personale, ispirate dal movimento della generatività sociale e mosse dalle 5 parole fondamentali della Dottrina sociale. Partecipazione attiva, gratuità, solidarietà, fratellanza e sussidiarietà.
E non da soli: coscienti di essere comunità e sorretti da una comunità intera, mettendo al primo posto il fare con possiamo fare per. È una minoranza in confronto al popolo della società liquida, ma capace di riportare il fuoco nella polis, far discutere la gente, cercare soluzioni, intraprendere iniziative, concretizzare e costruire un modo nuovo di vivere. Sogniamo e sperimentiamo una nuova narrazione storica, che possa essere anche, e già è in embrione, motore economico della nostra società.
La nostra esperienza non è isolata: è uno dei tanti Gulliver (con nomi e storie diverse) che sorreggono questo nostro Paese, non facendo nuove cose, ma rendendo le cose nuove. È la sussidiarietà, il terzo pilastro della nostra Italia, costituito da “operai” come me con piccoli cuori e grandi sogni spesso dimenticati dalla politica, ormai orfana del binomio sogni/bisogni di un popolo.
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