La celebrazione della Festa della donna da alcuni anni ha un significato sociale e politico speciale in Spagna e si noteranno differenze tra i diversi movimenti femministi. Non si può più parlare, infatti, di “femminismo” al singolare.

La cosiddetta “prospettiva di genere” e i suoi codici politically correct possono diventare molto ossessivi e asfissianti. Le femministe radicali (radfems) alimentano un’ideologia che distrugge la responsabilità personale. Sostenendo che viviamo sotto il sistema del cosiddetto “patriarcato”, che ci contamina dalla nascita e che è quasi invincibile, ci rendono anonimi ingranaggi di un’oppressione universale. Ciò che definisce una donna è essere un’oppressa, in opposizione all’oppressore reale o presunto. Non ci sono altro che relazioni di potere. La verità è che una persona che nasce donna non è necessariamente una vittima.

Ma non tutti sono radfems. I movimenti femministi, a cui molte persone partecipano in un modo o nell’altro, sono da decenni espressione del desiderio di emancipazione e liberazione. Ultimamente è cresciuto un “antifemminismo” che, basandosi su certi eccessi, squalifica genericamente i movimenti che agiscono in nome delle donne. Ingrossare le fila di questa reazione senza addentrarsi nella complessità del fenomeno, senza valutarne l’origine, significa perdere l’occasione di comprendere noi stessi nel tempo che viviamo.

La mancanza di uguaglianza è un dato di fatto: 2,4 miliardi di donne nel mondo, quasi un abitante su tre del pianeta, non hanno gli stessi diritti degli uomini. La violenza sessuale, i matrimoni con minorenni e lo sfruttamento sono ancora molto comuni. Alcuni casi si verificano anche in Occidente. Il consumo massiccio di pornografia, in molti casi fin dalla prima adolescenza, ha generato un nuovo machismo sessuale che spiega molti casi di violenza nelle nostre società civilizzate. Stanno emergendo nuove forme di dominazione. E la cosa peggiore è che a volte sono consenzienti.

Si critica il fatto che la lotta per l’uguaglianza sia stata colonizzata dall'”ideologia di genere”. In realtà, non esiste un’unica teoria del genere, ci sono piuttosto “studi di genere”. E alcuni di questi studi hanno dato un contributo interessante distinguendo tra i dati oggettivi che accompagnano il sesso (uomo/donna) e il ruolo che in un certo momento o in una certa cultura viene attribuito all’uno e all’altro. Questa distinzione può aiutarci a capire che natura e cultura sono diverse ma correlate. Il genere di una badessa medievale non è lo stesso di quello di una ragazza musulmana che nasce oggi in Afghanistan. Proprio il femminismo classico, che rivendica la distinzione tra genere e sesso, si è sollevato contro la “cancellazione delle donne” che il transfemminismo comporta. Quest’altra corrente (terza ondata di femminismo, con Judith Batler in testa) sostiene che genere e sesso sono la stessa cosa. La natura non esiste, la cultura è tutto.

Ci scandalizza questo modo di concepire la liberazione, ma è semplicemente un passo in più nel modo in cui intendiamo la vita da occidentali da quattrocento anni. L’esplicitamente religioso e il presunto non religioso. Abbiamo reagito quattro secoli fa, giustamente, contro un modo di concepire l’oggettività della natura umana che era oppressivo. In un modo che non rendeva possibile alcuna novità. Era necessario diffidare dei sensi, della ragione, della realtà. L’unica sicurezza era ed è pensare, fare. L’unica sicurezza è fare, fare noi stessi. Tutti noi partecipiamo in qualche modo all’ideologia dell’autodeterminazione, che sia di genere o di qualsiasi altra cosa. La natura, intesa come qualcosa di inamovibile, astratto, ci opprime.

“Donna non si nasce, si diventa”, proclama una delle scuole femministe. “L’essere umano non nasce, si fa”, potremmo tradurre. E l’affermazione non è per forza falsa, dipende da come viene interpretata. In realtà l’uomo nasce e si fa.

Perché il dato, la natura, ci risulta opprimente? Siamo uomini moderni, non siamo disposti, fortunatamente, a rinunciare alla nostra libertà. Cosa c’è nel modo di comprendere e sperimentare la natura che la rende nemica della libertà? Il femminismo ci aiuta a porci domande, a porci “la domanda”.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI