È come se il diavolo di Bulgakov fosse riapparso d’improvviso tra i corridoi dei palazzi romani, seminando a caso imprevisti e mettendo a nudo limiti e vanità di un sistema di governo che ora, messo alle strette, ha la tentazione di cedere, di abbandonare tutto.
Dopo aver visto all’orizzonte la rinascita di un Paese grazie ai soldi europei, che avrebbero dato una forte sterzata dopo la crisi pandemica, il panorama si è incupito. I raggi del sole nitidi dell’alba sono improvvisamente oscurati da nuvole fitte che confondono le strade, al punto che la folla smarrita viene contesa da improvvisate guide pronte ad offrire letture del futuro che difettano, spesso, di solide basi analitiche. In questa confusione, ognuno cerca la propria porzione di luce, seppur fioca. Tenta di mettere se stesso avanti agli altri.
Le esigenze dei territori appaiono così distorte da questa luce ingannevole. Chi ha più risorse ne brama ancora altre aggiuntive, meditando autonomie estreme per avere bilanci più pingui. Chi soffre di una cronica incapacità di governo, pur forte del consenso, urla contro tutti o rivendica primati sperando che, come una profezia autoavverante, la propria terra riemerga solo perché si invocano con orgoglio dei famigerati “potenziali inespressi”.
Ma nulla di tutto ciò pare utile a far rischiarare l’aria ed a recuperare una concordia tra decisori e territori che è premessa indispensabile per dare al Paese un via che porti ad un futuro meno cupo. Così, mentre Calderoli vara il Clep (Comitato per i livelli essenziali delle prestazioni) per portare a casa il disegno autonomista, Emiliano a gran voce possente, la sua, rivendica per la Puglia potenziali primati di crescita. Con gli altri governatori del Mezzogiorno smarriti e ripiegati in rituali autoconsolatori che servono a rivendicare successi (minimi) o complotti (inesistenti).
La verità che viene fuori è che il Mezzogiorno ad oggi soffre per l’ennesima volta di appannamento. Non è più centrale nei discorsi, non ha ha più la sua rinascita quella urgenza che si leggeva nel Pnrr e nelle azioni del governo precedente. Anzi, pare che al Governo attuale (pur infarcito di ex governatori che vengono dal Mezzogiorno) il tema dia quasi fastidio. Il problema risiede, dicono, sulla scarsa attuabilità del Pnrr e dei suoi progetti. Come al solito si fanno emergere i casi più eclatanti. Stadi, progetti energetici all’avanguardia che appaiono utopici, il tutto per aprire la strada allo sport nazionale per antonomasia “ci vuole ben altro” che quello che si è previsto.
In realtà, se un progetto esecutivo finanziato venisse affidato a dei manager nuovi dopo che i vecchi lo avevano avviato e fallisse per banale inazione, quei manager verrebbero di certo allontanati. A meno che non avessero sin da subito, non solo quando il fallimento era alle porte, fatto notare la non-fattibilità di ciò che era previsto. Così ora il Governo cerca di aprire una strada per cambiare gran parte del Pnrr per renderlo “attuabile”. Va detto che non sarebbe una cosa incomprensibile in linea di principio. Può esserci una non corrispondenza tra previsioni e necessità ipotetiche, non va dimenticato che il Piano fu elaborato in fretta e un po’ di manutenzione può avere senso, sia per tempi che per contenuti.
Sarebbe accettabile, infatti, ma ad una condizione. Che si ricomponga la visione unitaria del tema, che si riprenda a considerare come prioritario il Mezzogiorno e si conservi per esso il 40% delle risorse come clausola obbligata ed irrinunciabile. E non per dare ragione chi vi abita, ma per la semplice e consistente ragione che la crescita potenziale di tutto il Mezzogiorno è l’unica in grado, se liberata, di mettere il Paese, e l’Europa tutta, su di una strada di crescita effettiva e collettiva.
Ripartendo da qui si potrebbe tirare uno scherzo al diavolo di Bulgakov e rimettere ordine nella confusione che ha creato. Ripartire, ad esempio, dai fondamentali. Uno di questi, ormai scientificamente provato, è il tema della relazione tra la formazione della popolazione residente ed il potenziale effettivo di crescita che riesce ad esprimere. I test Invalsi ormai certificano da anni che la popolazione residente nel Mezzogiorno in età scolare ha un tasso di formazione nettamente inferiore a tante aree del Paese e dell’Europa, il che contribuisce, in modo sostanziale, a mantenere depressa la condizione sociale ed economica di quelle aree. Il tema pare sia critico anche per il Pnrr, che sui progetti per la formazione, scuole e università, è in gran ritardo soprattutto perché, come denunciato infinte volte, i famigerati progetti per la scuola in particolare sono nelle mani dei comuni. E quelli del Sud sono sguarniti di progetti e di risorse e non hanno alcuna reale capacità di progettazione e realizzazione di opere minime, figurarsi di un rivoluzionario progetto di investimento in infrastrutture scolastiche.
Su questo, ad esempio, sarebbe necessario recuperare una visione unitaria nella realizzazione degli interventi e affidare la loro “messa a terra” anche ad unità di missione dedicate e che abbiano la capacità di superare i limiti oggettivi degli enti locali. Usare in modo efficace i fondi del Pnrr significa, in sostanza, creare rapidamente modelli efficaci di gestione, non rinunciare agli obbiettivi. E la scuola, soprattutto, è l’unico investimento ad alta resa nel tempo urgente nel Mezzogiorno affamato di infrastrutture e competenze.
Non va confusa la difficoltà o l’incapacità con il venire meno del bisogno, non si può confondere il non avere trovato il modo di fare una cosa con la scusa che essa non serve più. In sostanza non si può tentare di rinunciare al Pnrr ed alle sue opportunità perché non si sa come attuarle. Questa è la confusione che alcune forze e istituzioni stanno soffrendo, ma per fortuna in tanto caos la provvidenza ha messo un suo tassello.
Sul Quirinale siede un uomo che del Sud, che ben conosce gli abissi dei fallimenti del Paese e ben comprende quanto sia inaccettabile la resa al caos. Lui ha già dato un chiaro monito e forse, si spera, una pedata vigorosa per cacciare il diavoletto della resa confusionaria dalla stanza delle istituzioni, indicando la strada nuova con una luce più nitida. Non resta che seguirlo. E ringraziare.
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