Siamo inondati da analisi sul degrado della nostra società e sul decadimento dei giovani che non vivono più valori positivi e sono privi di moralità. Eppure per ridestare anche i ragazzi più “problematici” basta un uomo coraggioso e vero che racconta la convivenza quotidiana con chi vuole rifarsi una vita dopo aver sbagliato. Che sia un metodo diverso di agire che possiamo seguire anche noi se vogliamo aiutare veramente il nostro prossimo?
Recentemente a Crema ho partecipato a un incontro davvero commovente che non ha permesso a nessuno dei presenti di andarsene com’era arrivato. Tutto ha origine dal fatto che in questi anni è cresciuta una trama di rapporti in città tra gli amici dell’Associazione Porto Palos (centro di aiuto allo studio), alcune autorità locali (in particolare l’assessorato alla cultura e i servizi del terzo settore della città), la pastorale giovanile della diocesi, l’Arci e il centro culturale Wyszynski.
Questa compagnia si è poi ampliata coinvolgendo alcuni dirigenti e insegnanti delle scuole superiori di Crema. Ne è nata una rete fitta di incontri e di momenti di lavoro per aiutarsi a stare di fronte alla realtà.
In particolare in questo tempo, successivo alla pandemia, l’attenzione si è focalizzata sui giovani e sull’emergenza educativa che anche nella nostra piccola città sta venendo a galla sempre di più. Da qui l’idea di andare a incontrare don Claudio Burgio e successivamente di proporgli di incontrare i giovani che frequentano le scuole della città. E così siamo arrivati all’incontro di don Claudio Burgio con 500 ragazzi delle diverse scuole superiori di Crema.
Un’amica giornalista ha scritto che durante quel gesto si è resa conto di quello che muove i ragazzi della comunità di don Claudio: “Quella voglia di spiccare il volo, di vedere realizzati i propri sogni, quella voglia di ripartire e non mollare. Quella tremenda voglia di vivere che nasce e fermenta soprattutto in chi ha commesso sbagli e nella vita ha ricevuto poco”. È ciò che don Claudio vede nei ragazzi del carcere minorile Beccaria di Milano e nella fondazione Kairos di Vimodrone: giovani adolescenti che desiderano realizzare qualcosa di importante.
Questo desiderio è così vero e radicato nella vita di questi giovani che non si è infranto neppure di fronte agli errori che hanno commesso e ciò è stato possibile perché don Burgio si è fatto compagno di questi ragazzi “mostrando loro come si possa ripartire proprio dagli sbagli commessi, ammettendoli, assumendosi le proprie responsabilità per potersi infine rialzare grazie alla mano tesa da quel sacerdote che ama il loro destino”.
Non esistono ragazzi cattivi. “Questa non è solo una frase slogan”, dice il presidente di Porto Palos, “ma l’approccio di don Claudio al mondo giovanile che molto spesso noi adulti allontaniamo dai nostri interessi perché è troppo faticoso cercare di capirlo”.
Un altro aspetto mi ha particolarmente colpito ed è stato il clima di ascolto e di attesa che si è creato immediatamente nella sala gremita di giovani. Di questo si è accorta anche un’insegnante che scrive: “I ragazzi si sono bevuti ogni parola e al momento del dialogo hanno inondato don Claudio di domande, alcuni sono andati a parlargli in privato, altri hanno fatto selfie con lui e quasi tutti hanno iniziato a seguirlo su Instagram. I più ‘problematici’ si sono occupati dell’accoglienza e hanno avuto l’onore, per il lavoro svolto, di stare in prima fila, molto orgogliosi di quello che avevano fatto”.
Inoltre un’assistente sociale presente all’incontro ha scritto dicendosi “sorpresa dalla serietà mostrata da don Claudio davanti a quei 500 ragazzi in ascolto, che a uno a uno si sono alzati formando una lunga fila, per porre domande a quell’uomo sconosciuto, desiderosi di comprendere cosa permettesse a lui di essere così serio davanti ai loro quesiti; è stato incredibile osservare come quei ragazzi sconosciuti fossero per lui in quel momento la cosa più preziosa che potesse capitargli, facendo un parallelo coi suoi ragazzi della comunità”.
Don Burgio è stato disponibile fino alla fine, ascoltando quanto avessero da dire quei giovani, prendendoli sul serio e mostrando un modo differente di stare di fronte alla vita, attraverso il racconto del legame con i “suoi” ragazzi sostenuto dal suo incontro con Cristo, che ha permesso loro di costruire cose grandi.
Che cosa ha reso possibile tutto questo? Che cosa hanno visto questi ragazzi se non un uomo conquistato da Cristo che si rende conto, come scrive ancora la giornalista, “che proprio grazie a questi ragazzi, Dio non è separato dai problemi, dalle storie, dalle sconfitte, dalla rabbia e dalle frustrazioni”?
Chiudo con quanto postato su Facebook dall’assessore alla cultura di Crema: “Don Claudio ci lascia un messaggio importante: bisogna stare con i ragazzi, esserci, innamorarsi del loro destino”.
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