Il Pnrr fra Pentagono e Sud

Il Pentagono italiano resta l'area cruciale per l'economia italiana. Occorre tenerne conto anche quando si parla di Pnrr

La nota settimanale pubblicata dell’ufficio studi della Cgia di Mestre mantiene un’efficacia statistica “pop”. L’ultima segnalazione è stata “partisan” – ma in senso positivo  – quando ha rammentato che il Pentagono italiano (cioè il Grande Nordest esteso a  Lombardia ed Emilia Romagna) continua a generare metà del Pil nazionale.

Venezia con il suo entroterra è  uno dei molti “poli-centri” di questa macroarea che – quel che più sembra contare – rimane competitiva a livello europeo e globale. La provincia veneziana è esemplare della capacità di assemblare dinamicamente più risorse: un’attrattività turistico-culturale di eccellenza internazionale con il rilancio del polo chimico lagunare nella transizione energetica, con lo sviluppo della media impresa del fashion calzaturiero sulla Riviera del Brenta. Ma è un connotato comune a tutte le 34 province del Pentagono.

Milano – la metropoli più popolosa –  non è più da molto tempo cardine del triangolo industriale nordoccidentale del Boom e sta superando perfino l’età della finanza ruggente, puntando con decisione sull’alta promozione fieristica del Made in Italy piuttosto che sulla ricerca biomedica avanzata. Fra le intelaiature forti del Pentagono vi è una rete di università per nulla ipertrofca o ridondante: dove la fioritura di nuovi corsi di laurea è sempre più guidata dalle traiettorie strategiche dei diversi settori economici. Il sistema bancario – non monopolizzato dai due “campioni” ambrosiani – resta resiliente.

Non occorre andare oltre in dettaglio nell’elencare i punti di forza del Pentagono, tanto meno per esaltarli. Pare invece opportuno ricordare quale sia oggi il motore trainante dell’Azienda-Italia: e non per inseguire micro-sovranismi interni oltre a quelli che già stanno scuotendo l’economia europea e globale, in parte forzati dalla crisi geopolitica.  Un passaggio riassuntivo come il Pnrr – in riscrittura – sembra tuttavia imboccare un binario datato: quello che pone la “recovery nella recovery” del Sud come priorità assoluta (il Ponte sullo stretto ne è al momento il progetto-bandiera).

Il Sussidiario non ha mai dubitato che “Il Sud qui e non ancora” debba rimanere nella parte alta dell’Agenda-Paese” . Però non in chiave rivendicativa, sempre invece in termini di crescita unitaria di lungo periodo del Sistema-Paese (cioè la tonalità implicita di ogni parola pronunciata – anche in questi giorni – dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella). Bene: il Sud all’ennesima prova di rincorsa ha bisogno che il Pentagono continui a essere tale. E le “infrastrutture” utili a mantenere competitivo il Grande Nordest possono essere molto diverse rispetto a quelle oggetto delle politiche keynesiane da manuale.

Se Intel mantiene sul tavolo l’ipotesi di localizzare nel Pentagono un nuovo hub di produzione di microchip “occidentali”, non c’è bisogno di cemento  e forse neppure di miliardi di euro di “leva”.È necessario invece molto valore aggiunto di knowledge economy: non solo per formare in tempo reale migliaia di tecnici (direttamente o indirettamente impegnato nella creazione di un nuovo distretto). La “conoscenza” è anzitutto quella che deve circolare (in tempo reale) fra pubblico e privato, fra Stato centrale e amministrazioni locali, fra Italia, Ue e Usa. È il banco di prova vero per la sussidiarietà – orizzontale e verticale – come strumento di funzionamento di una democrazia di mercato nel ventunesimo secolo.

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