Se l’Europa ritorna all’industria

L'Ue sembra aver deciso: gli Usa dell'alta tecnologia e ora dei sussidi pubblici mirati all'industria sono il partner strategico per il "reshoring" politico-economico occidentale

È tornata di moda la fosca profezia di Albert Einstein: “Dopo la Terza guerra mondiale, la Quarta si farà con i sassi e le clave”. Il grande fisico non fu mai favorevole al progetto atomico degli Usa, che pure avevano accolto lui e altri scienziati in fuga dall’Europa nazista. La bomba chiuse la Seconda guerra mondiale e soprattutto ne preparò la  lunga prosecuzione “fredda”.  Avvolse il pianeta e la storia nella minaccia nucleare permanente, tuttora viva in questi mesi di cripto-terza guerra mondiale. È probabile – o almeno tutti al mondo confidano – che quest’ultima non si trasformi per davvero in ciò che furono i conflitti della prima metà del ventesimo secolo: che un colpo di coda di Vladimir Putin non distrugga l’umanità, lasciando qualche sopravvissuto in una nuova età della pietra.

È invece quasi sicuro che la guerra “calda” in Ucraina tenderà essa pure a “raffreddarsi” in una nuova confrontation globale: su un terreno geopolitico-militare sempre più definito dallo sviluppo di tecnologie “duali” (indifferentemente di applicazione civile o militare), com’è stato per l’addomesticamento dell’atomo da parte di Enrico Fermi a Robert Oppenheimer. E la “staffetta” fra innovazione tecnologica e industriale sembra non avere soluzioni di continuità anche in un arco temporale lungo. “Energia” era ed è quella nucleare (benché “pulita”); ed enorme investimento scientifico-tecnologico è stato la molla “keyenesiana” che – attraverso la crisi geopolitica 1939-1945 – ha spinto definitivamente gli Usa fuori dalla dalla Grande Depressione. E l’Europa (prima occidentale e poi anche orientale dal 1989 in poi) con gli States.

È a questo scenario che chiaramente guarda il Presidente francese Emmanuel Macron, quando afferma che “l”Europa ha bisogno di più fabbriche e meno dipendenze”. Ma – nonostante l’Ue “carolingia” non sia più quella di un tempo – la Germania di Olaf Scholz (social-liberal-verde) la pensa come l’Eliseo entrista-tecnocratico: tanto che non passa giorno che Berlino non annunci investimenti: soprattutto sulla produzione di chip. Perfino Bruxelles ha lanciato un segnale inequivocabile quando – un po’ a sorpresa – l’Antitrust ha dato veloce disco verde a Microsoft per la maxi-acquisizione di Activision Blizzard. L’Ue, dopo mesi di ondeggiamenti polemici, sembra aver deciso: gli Usa dell’alta tecnologia e ora dei sussidi pubblici mirati all’industria decisi dall’Amministrazione Biden sono il partner strategico per il “reshoring” politico-economico occidentale.

La “Seconda Guerra Fredda” è già cominciata  e si combatterà parecchio nella manifattura evoluta. Era una prospettiva inimmaginabile tre anni fa, ora non è più eludibile: e si presenta poco mutabile anche da un futuro “cessate il fuoco” fra Ucraina e Russia, ora apparentemente meno lontano. Per un Paese industriale come l’Italia, membro del G7 e dell’Ue, sarebbe stata certamente preferibile una Recovery in tempo di pace. Ma ora sembra contare di più quanto l’Azienda-Paese può partecipare a questo nuovo passaggio storico.

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