Qualche tempo fa mi è capitato un piccolo fatto, insignificante di per sé e di nessuno specifico valore, che però mi ha suggerito alcune riflessioni sull’organizzazione del Servizio sanitario nazionale che mi sembra utile condividere.

Mi è stato chiesto, un giovedì pomeriggio, di accompagnare all’ospedale una persona che doveva fare prima degli esami e poi una terapia. Tornando successivamente a trovarla e chiacchierando amabilmente di come stava procedendo il suo ricovero sono così venuto a sapere che il sabato e la domenica le veniva offerto vitto e alloggio, ma non veniva svolta alcuna attività sanitaria.

Da provetto epidemiologo, una ruspante breve indagine, di nessun valore statistico-epidemiologico, mi portava a verificare che questo modo di fare non era tipico di quello specifico ospedale, ma si riscontrava con forme più o meno simili anche in altri ospedali. E lo stesso fenomeno, sempre con indagine di nessuna pretesa scientifica, ho potuto verificare a proposito degli ambulatori dove si effettuano prestazioni per esterni (visite, esami, terapie, ecc.). E questo succede anche per la medicina di base (MMG e PLS): al sabato e alla domenica ci si deve rivolgere alla guardia medica (o altri servizi sostitutivi del MMG-PLS).

Attenzione. Non è che la sanità chiude bottega al sabato e alla domenica (e in tutte le feste comandate, ponti compresi): gli ospedali sono aperti, i pronto soccorso funzionano, la guardia medica c’è, l’acuzie viene seguita, gli interventi urgenti vengono fatti, e molti altri servizi e attività non sono sospesi, ma un sacco di altre azioni sanitarie (come per la paziente che ho accompagnato) non vengono erogate.

Hai scoperto l’acqua calda, si dirà: vero, però è ragionevole questa organizzazione per il Ssn? È ragionevole la sospensione di tante attività sanitarie nel week-end e feste comandate? Non si tratta di fare i negrieri nei confronti del personale sanitario e nemmeno si vuole pretendere che lavorino 7 giorni su 7: il problema non è il numero di ore/giornate che deve lavorare il personale del Ssn, ma è una questione di garanzia, di qualità, di efficienza del servizio erogato, cioè di organizzazione.

Ci si deve interrogare sull’opportunità della sospensione settimanale del servizio sanitario (o almeno di alcune sue funzioni): è ragionevole o è una pretesa indebita chiedere che il Ssn funzioni senza interruzione tutti i giorni della settimana? È accettabile che molti servizi sanitari non siano erogati durante il week-end? Non è forse esigibile che il Ssn sia considerato un sistema di servizi che agisca senza soluzioni di continuità? È possibile cambiare organizzazione? A quali condizioni?

Certo, per funzionare 7 giorni su 7 non è solo l’organizzazione che deve essere cambiata. Innanzitutto ci vogliono più persone, di tutte le qualifiche, ci vogliono più risorse, più strumenti, forse anche più spazi: cioè ci vuole tutto di più. E poi occorre cambiare modalità di lavoro, e così via: ma è un desiderio esagerato? È al di là delle nostre possibilità?

Chi scrive crede che sia un percorso non solo ragionevole ma praticabile, addirittura pretendibile e anche realizzabile con le risorse che il nostro Pil, e relativo sistema di tassazione, ci mettono a disposizione (ho detto Pil, non Fondo Sanitario Nazionale!). Ma sarebbe anche il caso di ripensare alla modalità con cui sono definite le risorse per finanziare il Ssn, così come potrebbe essere il caso di ripensare al diverso valore per la società che hanno diversi comparti lavorativi. Garantire 7 giorni di funzionamento, ad esempio, vuol dire concepire una modalità di impiego che preveda la turnazione, e visto che ciò crea disagio occorrerebbe pensare a un sistema di incentivi, e così via: tutte proposte praticabili e che trovano già riscontro sia nel comparto sanitario (vedi urgenza, acuzie, ecc.), sia in altri settori di lavoro. Naturalmente devono essere definite bene le caratteristiche specifiche di queste proposte per evitare che si ingenerino disparità, disequità, disopportunità che non sono accettabili e che renderebbero il comparto sanitario meno attraente dal punto di vista delle opportunità di lavoro e conseguenti gratificazioni.

Ne beneficerebbe l’efficienza erogativa, la qualità (in senso generale) del servizio, sarebbero positivamente migliorati i tempi di attesa, troverebbe maggiore soddisfazione il paziente bisognoso (soprattutto quello ricoverato che vedrebbe ridotta la sua degenza ospedaliera: ed è noto che la permanenza in ospedale è una delle maggiori fonti di rischio di infezioni), e via elencando, senza considerare le opportunità per chi lavora durante la settimana, il quale potrebbe usufruire di prestazioni sanitarie nel week-end senza essere costretto a richiedere permessi (o ferie) durante il periodo lavorativo.

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