Fosse stato per loro, avrebbero continuato a pensare alla loro vecchia e comoda maniera: “Non fare oggi quello che potresti fare domani”. In fin dei conti, asceso al Cielo il loro Maestro, c’era tutto da reimpostare: con l’aggravante di non avere nessun precedente al quale fare riferimento, anche solo per ispirarsi o per trovare un po’ di forza. Pavidi com’erano, una volta ritornati da Betània, si rimisero sotto le coperte del cenacolo, chiusero le porte, accesero la stufetta. Pensando e ragionando sul tempo migliore per iniziare questa strana avventura. “Capiamo bene, amici, quale potrebbe essere il momento giusto per partire”, suggerì loro Pietro che, da buon capitano riaccreditato, sentì di dover coordinare la progettazione del futuro.

Fu proprio in quell’istante – nell’istante dell’incertezza sul tempo da scegliere, nell’attimo della grande paura “per timore dei Giudei” (cfr Gv 20,19-23) – che Cristo li buttò fuori: “Non aspettate il momento giusto per fare le cose – fece capire mostrando “le mani e il fianco” -: l’unico momento giusto è adesso. Fuori: da oggi si disdice l’affitto del cenacolo. D’ora in avanti il vostro ufficio sarà la strada”. O non sarete della mia scuderia.

In maniera politicamente corretta, la chiamano “Pentecoste”, ma a rigore di logica è stata la più grande ubriacatura di cui la storia cristiana abbia memoria: nel giro di un battibaleno, un pugno di gente pavida, fuggiasca e terrorizzata, si sentì fare una trasfusione di fantasia nel loro sangue che non seppero mai più arginare per tutti i secoli a venire. Le pensò tutte, le immaginò tutte, il loro Cristo perché quella gente trovasse il coraggio di andare dritti dentro il mondo a fare la guerra alla guerra, a sfidare il logico con l’illogico, a ridestare la torpidezza a colpi di sorpresa. Non trovò di meglio che fare accadere tutto questo, prima di tutto, sulla loro pelle: pensò, assieme con il Padre suo, che l’unico modo perché si liberassero da quella depressione cosmica che avevano addosso fosse quello di ubriacarli d’amore. Fino a far barcollare le loro sicurezze. Invertendo quel loro vecchio modo di ragionare ch’era ormai desueto: “Smettetela di guardare le cose che vedete e chiedervi “perché”. Iniziate a sognare delle cose mai viste prima e iniziate a chiedervi: “E perché no?”

Fu così che, in quattro e quattr’otto venne al mondo la Chiesa di Cristo: da un gruppo di gente ubriaca (di Spirito Santo) che, massacrata e derisa, mostrerà al mondo che quell’ubriacatura è la forma divina dell’innamoramento. L’aveva già appuntato Antifonte, cinquecento anni prima di Gesù Cristo: “Ci sono due cose che un uomo non riesce a nascondere: quando è ubriaco e quando è innamorato”. Il modo migliore per fare una cosa, dunque, è farla. Il vero carattere di un uomo viene fuori quand’è ubriaco. O innamorato.

Fu così che venne al mondo la Chiesa: dall’incontro tra un Dio ferito e una masnada di discepoli nevrotici, spaventati. Costretti a uscire da quel cenacolo ch’era diventato la loro “comfort zone” per permettere al Vangelo di continuare a espandersi nel cuore della storia. Scelse la strada, le piazze, gli spazi larghi e le zone aperte perché volle che la sua Chiesa fosse così ampia che ogni persona, una volta entrata, ci stesse dentro a modo suo. Che ognuno, nella sua Chiesa, possa entrarci da una porta diversa: fosse per Lui – come scriveva quel gran genio di Chesterton – non ci sarebbero mai due persone che entrano esattamente da una stessa porta. La volle santa, dunque scelse di mettere come pietre fondanti undici uomini d’una debolezza imbarazzante, di una fragilità assurda: solo così, un giorno, il mondo potrà capire che la Chiesa sta in piedi per l’opera di Cristo, nonostante i suoi ministri traditori.

Per tutto ciò che riguarda il resto, non mise nessuna condizione a priori: che solo di ricordassero che in qualsiasi chiesa un giorno entreranno, si entrerà per amare Dio e si uscirà per amare il prossimo. O si sarà amato Dio soltanto per gioco. Che ogni uomo, nella Chiesa, si senta a casa: lei è la “Madre de’ santi, immagine della città superna” (A. Manzoni). È il cuore di Dio nella storia. Cuore che pulserà soprattutto per coloro che non ne fanno (ancora) parte.

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