Elly Schlein, leader del Pd, è tornata ad evocare la patrimoniale. È stata un’uscita che ha fatto nuovamente discutere, fin dall’occasione: il Festival dell’Economia di Trento, popolato di imprenditori ed economisti chini su scenari in cui l’unico dato certo è la bassa crescita unita a un’inflazione resistente. Ma non solo gli addetti ai lavori dell’Azienda-Italia sono parsi un’audience poco adatta per un appello rivendicativo più tipico di un leader sindacale come Maurizio Landini.
Pochi giorni dopo anche gli elettori di alcuni grandi capoluoghi italiani si sono mostrati freddi verso il rilancio di una manovra fiscale straordinaria come ricetta politico-economica d’opposizione. Non c’è da stupirsene: il 16 giugno scade la rata semestrale dell’Imu, cioè della patrimoniale già in vigore. Un’imposta annuale su un patrimonio-Paese costituito anzitutto da case: di cui gli elettori “dem” sono proprietari in pari misura di quelli che votano altre forze politiche. Se coloro che l’Imu non la pagano (i proprietari di prime case) temono che un futuro Governo di centrosinistra la ripristini, i soggetti passivi dell’Imu in vigore su seconde case, negozi, laboratori fanno i conti con aliquote sempre più alte: cui i Comuni sono sempre più obbligati per sostenere bilanci insidiati da calo del gettito diretto, tagli dei trasferimenti statali, rincari delle forniture, aumento dei tassi sui mutui. Gi stessi assilli quotidiani di famiglie e imprese, spesso affittuarie di quegli immobili (non ultimi gli studenti universitari fuori sede).
La spirale inflazionistica ha di per sé effetti diretti sui patrimoni, con un’erosione generalizzata dei valore monetario degli immobili. E incide poi in modo specifico sul prelievo fiscale, attraverso il noto “dragaggio” prodotto dagli scaglioni che restano rigidi mentre gli imponibili tendono a crescere in via nominale. Appena due anni fa al Mef sedeva il “dem” Roberto Gualtieri: convinto che un italiano fosso “ricco” (quindi teoricamente assoggettabile a imposizioni straordinarie) con un imponibile superiore ai 70mila euro. Non c’è dubbio che gli stessi dem ex Ds giudicherebbero tassabile un patrimonio a partire da 500mila euro: ma con due anni d’inflazione a due cifre è probabile che venga valutato così (magari da un catasto rivisto in corsa) un singolo appartamento medio in una zona semicentrale di una grande città italiana.
È comunque sorprendente che Schlein – stagista nelle campagne elettorali di Barack Obama e figlia di un politologo “liberal” americano – non stia osservando all’opera in questi giorni il Presidente “dem” Joe Biden. La Casa Bianca ha preferito ingaggiare una dura – e pericolosa – battaglia al Congresso per la sospensione temporanea del tetto all’indebitamento federale piuttosto che “tassare i ricchi” (cioè il business) a un anno o poco più dalle nuove elezioni presidenziali e con l’economia in mezzo a molti guadi. Biden per primo sa che ormai molti uomini d’impresa e d’affari preferiscono i dem centristi piuttosto che i repubblicani trumpiani. Schlein, d’altronde, recitan la parte di Alexandra Ocasio-Cortes, pasionaria radicale dei democratici Usa, critica implacabile di ogni pragmatismo bideniano. È stata “AOC” a bloccare il maxi-investimento di Amazon che avrebbe costruito il suo secondo quartier generale in una vasta area degradata di New York. L’unico Jeff Bezos buono – per i dem radicali – sarebbe quello cui una maxi patrimoniale dimezzasse la ricchezza personale.
La lezione di Washington – ammesso che superi nei prossimi giorni il vaglio del Congresso – è invece che la crescita è una priorità-Paese che merita scelte bipartisan, soprattutto in questa fase critica. E gli stessi repubblicani non trumpiani hanno accettato che gli Usa ricorrano temporaneamente a indebitamento straordinario per supportare le scelte di politica industriale varate da Biden con un approccio di “New New Deal”: anzitutto “Ira” (aiuti alla transizione energetica) e “Chip Act” (rilancio della produzione nazionale di semiconduttori). E l’opposto estremismo di chi vuole usare la tassazione come leva politico-ideologica fine a se stessa può essere più pericoloso dei pasdaran post-reaganiani.
L’extra-debito cui l’Italia (come gli altri Paesi Ue) può già ricorrere si chiama Recovery Fund: e dovrebbe finanziare il Pnrr, cioè una strategia-Paese inserita in una super-manovra Ue post-Covid e ora anche post-guerra. Su questo un’opposizione degna di questo nome avrebbe il dovere – prima ancora che il diritto – di incalzare la maggioranza di governo. Mettendo sul sito – domattina – un proprio “Pnrr ombra” completo e dettagliato: quello che la maggioranza – solida e vincente alla prima verifica test elettorale – sembra invece in seria difficoltà nel ricomporre fra Roma e Bruxelles.
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