Il mese scorso sono avvenuti due fatti che mostrano chiaramente le sfide della democrazia in questo momento. Il primo è il caso della Fox, il secondo quello dei monopattini a Parigi.
La Fox ha preferito, com’è noto, versare quasi 800 milioni di euro alla Dominion Voting Systems, società dedicata al conteggio elettorale. Ha così evitato il processo che si stava svolgendo presso la Corte Superiore del Delaware per diffamazione. La Fox era accusata di aver diffuso menzogne su una presunta manipolazione dell’esito delle elezioni presidenziali. È la fake con cui Trump nutre i suoi sostenitori da più di due anni. La rete televisiva ha ammesso di non aver detto la verità. E Tucker Carlson, il presentatore di punta e quello più identificato con i messaggi dell’ex Presidente repubblicano, ha già cambiato lavoro.
Per molto tempo i teorici della democrazia liberale hanno sostenuto che fosse necessaria una buona dose di relativismo per mantenere il sistema. La democrazia era una tecnologia per capire come decidere qualcosa, una procedura formale. Perciò, da questo punto di vista, sostenere l’obiettività di alcune verità era il seme delle autocrazie. Il caso Fox e ciò che abbiamo vissuto dopo l’assalto a Capitol Hill mostrano che è esattamente il contrario. Senza un minimo rispetto per i fatti, i meccanismi decisionali sono viziati all’origine. Non si tratta quindi solo di una questione tecnica. La legge e le procedure sono insufficienti. Come ha scritto Martin Wolf sul Financial Times, la democrazia dipende dalla legge, dalla verità e dalla decenza.
Veniamo al caso dei monopattini. Parigi è stata la città pioniera nell’uso di questo mezzo di trasporto nel 2018. Da allora è cresciuta la polemica. Molti cittadini ne sono stufi perché circolano sui marciapiedi e sono parcheggiati ovunque. Il Sindaco Anne Hidalgo ha indetto un referendum per redimere la questione. I parigini sono stati invitati a esprimere la loro opinione. E il risultato è stato schiacciante: il 90% degli elettori si è espresso contro. Peccato che l’affluenza è stata solo dell’8%.
Negli ultimi tempi si è diffusa l’idea che la democrazia diretta, in cui i cittadini decidono qualsiasi cosa, sia la migliore forma di democrazia. La digitalizzazione ha innescato il sogno di una maggiore partecipazione alla vita pubblica. Ma un referendum per essere serio deve raggiungere almeno il 50% di partecipazione e la vittoria di una delle opzioni deve totalizzare almeno il 55% dei voti. Non è stato così nel caso della Brexit e le conseguenze sono visibili. Il sistema referendario presenta, inoltre, lo svantaggio di ridurre la complessità della realtà a due opzioni. Non è possibile dibattere, discutere, deliberare, cercare compromessi. Per questo esistono i Parlamenti. Purché facciano il loro lavoro. La democrazia diretta, in una società in cui fioriscono appartenenze acritiche, che incoraggiano l’irrazionalità del voto e le raccomandazioni di reti come Fox o i social network, è una bomba atomica.
Le nostre democrazie rappresentative hanno sviluppato istituzioni “contromaggioritarie” per correggere e bilanciare decisioni segnate da pregiudizi conoscitivi, dall’assenza di dibattito, da schemi mentali autoreferenziali e da semplificazioni eccessive. Ma anche le istituzioni non bastano. È giunto il momento in cui l’appartenenza al gruppo è poca cosa e può persino essere controproducente per la democrazia. Se tale appartenenza non è il frutto della posizione critica della persona è alienante e indebolisce la convivenza. Ci sarà sempre qualcuno disposto a dirti cosa votare.
Una democrazia ha bisogno di qualcosa di più del semplice rapporto del gruppo con un’idea. Kierkegaard affermava che se gli individui si relazionano solo in massa all’idea (cioè senza separazione individuale, né interiorità) nascono violenza, anarchia e dissolutezza. Quando gli individui sono uniti esattamente a una distanza ideale, non si avvicinano mai come se fossero animali. «L’armonia delle sfere è l’unità risultante dal rapporto di ogni pianeta con se stesso e con il tutto», aggiungeva il filosofo danese. Senza uno dei due elementi, l’universo implode.
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