Nel video di venerdì scorso, in cui Prigozhin, leader della Wagner, giustificava la sua insurrezione, c’era qualcosa di nuovo. Fino ad allora, aveva criticato la mancanza di munizioni o il modo in cui si comportava l’esercito regolare russo. Ma venerdì ha messo in dubbio il motivo dell’invasione iniziata il 24 febbraio 2022. 

Il pretesto di Putin per la sua “operazione speciale” è stato quello di rispondere al genocidio che le autorità ucraine stavano compiendo contro la popolazione russofona del Donbas. Genocidio incitato dalla Nato. La conquista del territorio era urgente, secondo la propaganda ufficiale, poiché era necessario prevenire altre vittime di un regime neonazista. Per sostenere la sua azione, Mosca aveva riconosciuto il 21 febbraio l’indipendenza di Donetsk e Luhansk. In seguito ha assicurato che la repressione ucraina era stata particolarmente intensa a Luhansk e che la nuova repubblica aveva chiesto aiuto. Così le truppe russe si sono messe in moto.

La settimana scorsa, Prighozin ha messo radicalmente in dubbio la versione poco plausibile offerta dal Cremlino. Ha spiegato che non c’era stata una grave minaccia nel Donbas tale da giustificare l’invasione. E che in realtà tutto era stato il risultato della corruzione imperante tra i capi del ministero della Difesa, sostenuti dagli oligarchi che volevano arricchirsi vendendo armi. Il leader della Wagner non ha voluto lanciare accuse dirette contro Putin.

La guerra d’invasione si è prolungata nel tempo a causa della differenza numerica tra i due eserciti, del reclutamento di massa e anche della propaganda. Non solo quella messa in moto nel 2022 o nel 2014, ma anche a causa di una disinformazione sistematica che per decenni ha alimentato un nazionalismo ferito.

Il leader della Wagner non è esattamente qualcuno di cui potersi fidare. Nei primi momenti dell’insurrezione, qualcuno ha fatto notare che ciò che stava succedendo era simile a ciò che accade in un manicomio quando i matti cercano di prenderne il controllo. Non ci si può fidare del gruppo mercenario né per stabilire la verità dei fatti, né per gestire qualcosa. Alcuni di noi hanno già visto cosa sta succedendo nei Paesi africani in cui la Wagner diventa un esercito ufficiale. Ma la dichiarazione di Prighozin equivaleva ha mettere in dubbio la verità ufficiale da parte di qualcuno che non era un dissidente marginale.

Dall’inizio del conflitto, abbiamo sentito quanti leader dei Paesi del Sud del mondo lo hanno attribuito alla goffaggine, se non alla malizia, del ricco Nord. L’invasione è stata spiegata come una reazione, in parte comprensibile, all’espansionismo della Nato, all’imperialismo occidentale, alla spinta egemonica del mondo anglosassone, sostenuta da un’Europa senza criterio. Naturalmente, questa guerra non è facile da spiegare. Ma è difficile, con i dati alla mano, non riconoscere che il fattore determinante è un attacco all’integrità territoriale dell’Ucraina, è il desiderio di far risorgere la Grande Russia.

Finora, non c’è stata alcuna possibilità di dialogo tra i due contendenti perché le due parti sono rimaste convinte di poter vincere. Quando si verificherà un cessate il fuoco, anche se precario come quello che è stato mantenuto al confine tra le due Coree, non sarà possibile definire una verità ufficiale su ciò che è accaduto o sulla responsabilità che ciascuna parte ha avuto. Né si potrà determinare in un eventuale trattato di pace. Ma non ci sarà pace stabile e duratura a meno che, lentamente, man mano che le verità storiche emergono, ciò che è accaduto non venga riconosciuto. Abbiamo molti esempi, positivi e negativi, di ciò che accade quando si rispettano i fatti o quando le interpretazioni vengono assolutizzate.

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