Una santa per uomini sazi e distratti

Prima di essere operato al Gemelli, papa Francesco ha incentrato la sua catechesi del mercoledì su santa Teresina di Lisieux, patrona delle missioni

Ieri prima di entrare al Gemelli e sottoporsi a una nuova operazione, papa Francesco è stato fedele all’appuntamento della sua catechesi del mercoledì, dedicata come da qualche mese alla “passione per l’evangelizzazione”. L’occasione era particolare, perché davanti a sé aveva le reliquie di Santa Teresina del Bambin Gesù e dei suoi genitori, arrivate a Roma in occasione dei 150 anni dalla nascita di quel “piccolo” dottore della Chiesa: sono ospitate fino al 15 giugno presso la chiesa rettoria di Sant’Antonio Abate all’Esquilino.

Non poteva esserci coincidenza migliore: Teresina è infatti patrona delle missioni, pur – come ha sottolineato Bergoglio – non essendo mai stata in missione. Nei suoi diari (una di quelle letture un po’ imprescindibili, dove si verifica a quale profondità porti la semplicità di cuore) racconta come l’essere missionaria fosse uno dei suoi desideri, ma la salute cagionevole glielo aveva sempre impedito. Per questo tra le sue premure c’era quella di farsi “sorella spirituale” di tanti che erano in missione, stando in contatto epistolare con loro e affiancandoli nella preghiera. “Senza apparire intercedeva per le missioni, come un motore che, nascosto, dà a un veicolo la forza per andare avanti”, ha sottolineato Francesco.

Teresina arriva al cuore dell’esperienza missionaria ribaltando i termini con cui viene comunemente intesa. Il Papa lega questa svolta ad un momento preciso della biografia della santa, quando dopo un dissidio con il padre era tornata sui suoi passi avvertendo che “la carità le entrava nel cuore col bisogno di dimenticare sé stessa” (le parole anche se in terza persona sono proprio di Teresina su se stessa). Ne consegue che invece di cercare consolazione per sé nella fede, aveva capito come lo scopo fosse invece quello di “consolare Gesù e di farlo amare dalle anime… Gesù è malato d’amore e […] la malattia dell’amore non si guarisce che con l’amore” (Lettera a Marie Guérin, luglio 1890). L’obiettivo del suo essere missionaria era perciò semplice: “fare amare Gesù”.

Obiettivo semplice e praticabile in ogni situazione, ha sottolineato Francesco: “I missionari, infatti, di cui Teresa è patrona, non sono solo quelli che fanno tanta strada, imparano lingue nuove, fanno opere di bene e sono bravi ad annunciare”. Missionario è piuttosto “chi fa di tutto perché, attraverso la sua testimonianza, la sua preghiera, la sua intercessione, Gesù passi”.

“Perché Gesù passi” (il corsivo è proprio del papa): e come “passa” Gesù nel cuore degli uomini d’oggi, così distanti, così distratti, così tante volte illusoriamente sazi? È un mondo che pare andare avanti potendo fare a meno di Gesù. Ed è proprio in un contesto come questo che si può verificare la bontà dell’idea missionaria di Teresina, che come ha sottolineato il Papa, sapeva per esperienza propria come la fede nasca per un’attrazione: “non si diventa cristiani perché forzati da qualcuno, no, ma perché toccati dall’amore”. È un altro che agisce. Da parte nostra bisogna solo non porre limiti (o riserve) alla sua azione. Come diceva con immagine poetica Teresina, in questo modo accade che vengano “sparse rose su tutti”, anche su chi meno te l’aspetti. Grazie a papa Francesco per questo prezioso regalo e auguri di una pronta guarigione.

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