La modernità, nella sua presunzione di soppiantare qualunque conoscenza precedente, ha perso molta di quella sapienza tramandata da padre in figlio che ha permesso per secoli all’uomo di vivere meglio. Ci vuole la capacità di guardare la realtà del toscano di Andrea Mati e della sua cooperativa sociale per riscoprire – in modo perfettamente adeguato ai nuovi assunti della sostenibilità – che curare le piante può servire per curare l’uomo.
Da anni svolgo un inteso lavoro di progettazione, supportato da medici specialisti, di spazi verdi terapeutici dove svolgere una serie di attente cure a integrazione di quelle previste in ospedali, Rsa, cliniche, centri medici e associazioni convenzionate con le ASL.
Seminare, piantare alberi e arbusti, creare aiuole fiorite, prendersi cura di ortaggi, riconnettersi coi ritmi della natura, anche nei suoi aspetti più selvatici, o semplicemente, se impossibilitati a svolgere un’attività, anche solo frequentare questi spazi verdi specifici guidati da un esperto ortoterapeuta, figura professionale che conosce piante e patologie, ha portato a sensibili miglioramenti in disturbi, malattie, patologie di varia gravità. Esiste una letteratura scientifica internazionale a sostegno di questo lavoro.
La cura per essere efficace dovrà prevedere la presenza, sempre seguita da medici specialisti e personale sanitario esperto, di genitori, figli, fratelli sorelle, mariti mogli e altri familiari coinvolti che si affiancano al paziente nei lavori di coltivazione e cura di orti, aiuole e piccoli giardini studiati per il loro effetto terapeutico.
Nel progetto specifico, dedicato alla patologia di Alzheimer, con il mio gruppo di lavoro ci siamo prefissi l’obbiettivo di rispondere con efficacia alle sempre crescenti e pressanti richieste di intervento da parte di una realtà, quella della demenza senile, che a tutt’oggi appare come un problema di vastissima portata e impatto sociale. Sappiamo, infatti, quanto sia importante, per le persone colpite da demenza, riattivare tutte quelle componenti cognitive che sono andate perdute col degenerare dello stato patologico e, in modo particolare, quanto sia necessaria, per loro stessi e per la loro condizione, una riappropriazione della propria identità personale, che può avvenire soltanto tramite la reminiscenza mnemonica, ovvero il recupero anche se parziale, dei ricordi legati all’infanzia.
La riattivazione della memoria a “lungo termine” dunque, è imprescindibile, al fine di recuperare efficacemente le emozioni e gli stati d’animo legati ai momenti più positivi dell’esistenza, solitamente sempre legati all’infanzia e alla giovinezza. In questo lavoro il ruolo delle piante è di grande rilievo, tutti noi abbiamo un ricordo importante legato a un albero, a un fiore, a un profumo, al sapore di frutta e ortaggi.
Per quanto riguarda il caso del Disturbo dello spettro autistico, esso è caratterizzato dalla compromissione neurologica dello sviluppo e dell’interazione sociale, con deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi. Approcciarsi alla progettazione di “verde terapeutico”, in tale ambito, prevede di strutturare uno spazio aperto con elementi naturali, organizzato secondo il principio del “giardino sensoriale”. Si tratta, di fatto, di un’area naturale pensata per stimolare i sensi e per riattivare i vari aspetti della multisensorialità.
Il progetto in questione prevede la costruzione di vere e proprie “nicchie o culle verdi” al cui interno il paziente possa raggiungere uno stato di confort e benessere, da realizzarsi con piante aromatiche, arbusti che fioriscono in periodi diversi, grandi cespugli sempreverdi che offrono una piacevole sensazione di protezione.
Come detto sopra, dunque, la cura delle piante, presenta caratteristiche peculiari al fine di migliorare lo stato di disabili clinici, come nel caso della Sindrome di Down: i lavori che possono essere svolti in un contesto naturale, comprendono tutta una serie di attività mirate: dalla cura della singola pianta (in parallelo con la cura del paziente stesso), dei giardini, fino alla coltivazione di un orto.
L’elemento caratteristico di questo spazio verde terapeutico è costituito dalla cosiddetta “Aiuola delle Adozioni” o “Aiuola Condivisa”, progettata e realizzata all’interno del giardino stesso, mettendo a disposizione dei pazienti, una selezione di varie piante che ognuno di loro sceglierà per prendersene cura insieme agli altri, in un lavoro condiviso di piantagione e creazione dell’aiuola stessa.
Nella cura delle dipendenze da alcol, stupefacenti e gioco abbiamo studiato una serie di giardini ad alta manutenzione dove il paziente crea una relazione fortissima e continua con un verde che richiede continue attenzioni.
La Giardineria Italiana è una Coop. Sociale di tipo B, fondata da me nel 1999, che partecipa a progetti di recupero di persone in situazioni di marginalità attraverso un’attività di formazione nei vivai di produzione, associando il lavoro di specialisti del settore, a persone provenienti da percorsi di recupero sociale. Nei primi 20 anni di attività, infatti, la Giardineria Italiana ha contribuito alla riabilitazione, attraverso il lavoro nel verde, di decine di persone provenienti da esperienze di disagio psichico o sociale. Oggi queste ultime sono diventate tecnici di grande livello, ma ciò che più conta è che è nata una squadra di persone unita dalla gioia di aver ricostruito la propria vita dedicandola al lavoro in uno dei settori fondamentali per il futuro delle nuove generazioni e del nostro pianeta.
La Giardineria italiana ha sedi a Pistoia, Peschiera del Garda e Siena, dove, tutto l’anno svolge, con personale locale, attività di manutenzione del verde, sia privato che pubblico. La Giardineria italiana con la Cooperativa S. Agostino di Firenze ha creato la Cooperativa Puccini-Conversini, che prevede inserimenti socio-lavorativo/terapeutico di soggetti provenienti da un passato di tossicodipendenza, abuso di alcool e ludopatia: essa ha sede in un grande vivaio poco fuori Pistoia e comprende un Giardino Terapeutico per le Dipendenze ad alta manutenzione, circondato da un ampio vivaio corredato di una grande serra e un ampio spazio a oliveto, alla sua destra, un frutteto sul lato sinistro e tutt’intorno la coltivazione in pieno campo, di piante ad alto fusto, come querce, cipressi, pini, ecc. Tutte le piante inserite in tale contesto sono state recuperate da discariche per rifiuti verdi, in quanto elementi inadatti al commercio per piccoli e vari difetti e perciò scartate.
L’idea nasce appunto, coniugando le competenze scientifiche e cliniche e la competenza nella progettazione, cura e manutenzione del verde.
Partendo dall’assunto comparativo che vede la correlazione persona malata – pianta malata = cura della pianta – cura della persona si sviluppa una vera e propria sinergia tra i due aspetti che progrediscono all’unisono e che attualmente sta dando risultati molto incoraggianti, in applicazione a contesti di reinserimento socio-lavorativo di soggetti provenienti da realtà di tossicodipendenza e alcolismo, nonché di disabilità psico e neurobiologiche.
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