Il mondo del lavoro nel nostro Paese è in continua e rapida evoluzione. La crescita dell’occupazione registrata dagli ultimi dati Istat (+385 mila unità a giugno 2023 rispetto a giugno 2022, pari a +1,7%) è sicuramente un dato positivo. Tuttavia, permangono punti di criticità che meritano attenzione, in particolare riguardo alle categorie di giovani e donne.
In Italia, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salito al 21,7%, aumentando di 0,9 punti percentuali rispetto allo scorso anno; quasi un quinto dei giovani (15-29 anni) non studia né lavora; in media, il 5-8% dei laureati emigra annualmente all’estero, tanto da essere l’unico Paese tra le principali economie mondiali in cui le partenze di studenti e giovani lavoratori superano gli ingressi, e appena una donna su due ha un’occupazione. Altrettanto allarmanti sono le disuguaglianze territoriali e di genere che sembrano acuirsi invece che ridursi. Il flusso di giovani dal Mezzogiorno al Nord appare inarrestabile e permangono evidenti disparità salariali tra donne e uomini.
Forse ancor più rilevante, il lavoro sta subendo una trasformazione culturale. Recenti sondaggi e pubblicazioni mostrano un fenomeno interessante circa le motivazioni lavorative delle giovani generazioni. Il criterio principale per scegliere un’occupazione non è più il salario, ma la ricerca della “work-life balance” (un sano equilibrio tra mansioni lavorative e vita personale e sociale) e di un percorso di crescita professionale. Allo stesso tempo, il lavoro viene sempre più spesso vissuto come un obbligo funzionale alla sopravvivenza e non come l’ambito in cui esprimere sé stessi e la propria appartenenza alla collettività. Fenomeni quali “great resignation” (grandi dimissioni), “yolo”(you only live once) e “quiet quitting” (difesa dal lavoro facendo lo stretto necessario), mettono in luce un cambio di mentalità dei lavoratori e mostrano che ciò che è in discussione è il motivo ultimo del lavoro, del perché valga la pena mettersi in gioco.
Di fronte a tali cambiamenti, la prima esigenza è quella di capirne le cause e le potenziali implicazioni. Il ciclo di incontri dal titolo “Generazione Lavoro”, organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in occasione del prossimo Meeting di Rimini, ha proprio questo fine. Perché ci interessiamo al lavoro? Perché è innanzitutto un bisogno dell’uomo. È attraverso il lavoro che ognuno può esprimere la propria creatività, il proprio desiderio di costruttività e utilità. In esso cerchiamo una soddisfazione piena. I giovani intervistati per l’occasione da ogni angolo del mondo manifestano questa urgenza in modo inequivocabile. Emerge chiaramente la necessità che il lavoro possa essere un luogo in cui poter costruire relazioni positive, non solo rapporti professionali ma anche amicizie sincere e “inesauribili”, per richiamare al tema del Meeting. Desideriamo che questa possibilità sia per tutti, non solo per pochi fortunati. Ecco perché abbiamo deciso di concentrarci sulle due categorie che in questo momento risultano più penalizzate nel mercato del lavoro: i giovani e le donne, in particolare quelle con figli.
Durante i tre incontri non ci saranno soltanto esperti senior che parleranno di giovani, ma anche giovani, donne e uomini, che racconteranno di loro. Non è dunque un Talk sui giovani, ma con i giovani. La complementarietà delle due prospettive è fondamentale per avere una visione il più possibile completa dei fenomeni che si vuole comprendere. Da una parte, chi muove i primi passi nel mondo del lavoro può trovare nell’esperienza di chi è più avanti nel percorso una risorsa importante, dall’altra chi vuole comprendere la mentalità e le esigenze dei giovani non può prescindere dall’ascoltarli. La comunicazione inter-generazionale è sempre più difficile, anche a causa di diverse categorie di linguaggio. Questa incomunicabilità spesso si riflette anche nel luogo di lavoro, generando frizioni dannose. Il Talk è un tentativo di favorire tale dialogo.
Proprio per questa ragione, si è voluto ospitare relatori e intervistare giovani italiani attivi in diversi ambiti e in varie parti del mondo, dall’Australia alle Americhe passando per l’Europa. Sarà rappresentato il mondo politico, in particolare con il ministro del Lavoro Marina Calderone, quello economico-finanziario, imprenditoriale, aziendale, universitario, sindacale e del welfare. Si affronteranno dunque varie prospettive, nella consapevolezza che quello del lavoro è un mondo poliedrico, in cui la diversità è una ricchezza e non un ostacolo. Il punto di sintesi unitario è la valorizzazione della persona nella sua integrità.
Il pensiero economico, e dunque il lavoro, spesso rimbalza tra due mentalità: quella neo-liberista, dominata dalla massimizzazione dell’utilità individuale, e quella statalista o assistenzialista, che non affronta veramente il bisogno di tutti di avere un’occupazione. Entrambe debilitano la dimensione relazionale. Proponiamo una terza via, in cui le relazioni sociali, familiari e lavorative insieme siano una leva per lo sviluppo e per la piena occupazione. Una via in cui anche il lavoro può essere il luogo di un’amicizia inesauribile.
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