Anche il cielo ha un cuore

Oggi la Chiesa festeggia Maria "assunta in cielo in corpo e anima" (Benedetto XVI). Cristo stesso ne ha fatto la nostra madre. È il paradigma di un cambiamento totale

“Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: ‘Ecco la tua Madre!’. Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore”.

Così Papa Benedetto XVI descriveva, anni fa, ciò che la Chiesa festeggia il 15 agosto. In poche battute è contenuta la dirompenza di un fatto che porta con sé conseguenze impensabili per la vita dell’uomo. “Anche per il corpo c’è posto in Dio”, cioè Dio ci ha pensati e ci vuole tutti interi. Cristo si è posto come termine della vita di sua Madre, affermando così la verità del destino di ogni uomo e donna: quello di un’ultima riconquista del nostro “io” totale. Colei che ha generato il Verbo nella carne, che lo ha curato, allattato, educato, abbracciato, coccolato… si ritrova ora definitivamente afferrata dal Figlio stesso. Afferrata nella pienezza della sua umanità: questa è la novità del dogma dell’Assunzione. Così come la Madonna non ha mai tralasciato nulla dell’umano di Cristo, perché ha dovuto farci i conti quotidianamente per trentatré anni, così il Figlio non poteva che inaugurare proprio con Lei quella “presa” finale, paradigma del riscatto di ogni uomo.

Solo una donna come Maria, preservata dall’ombra di ogni bruttura, avrebbe potuto reggere l’impatto con l’umanità di Cristo, con il quotidiano della sua umanità. Pensiamo al risveglio del mattino. Gesù si alzava presto per ritirarsi a pregare e Maria, che era già sveglia da un pezzo, preparava il necessario per la colazione. Immaginiamoci con che sguardo il Figlio avrà guardato la Madre prima di mettersi a tavola dopo aver pregato. Chi avrebbe mai potuto reggere ogni giorno l’incrocio di uno sguardo così, pieno di Dio? Oppure quando, alla sera, Gesù tornava a casa dopo una giornata di lavoro con Giuseppe in bottega. Chissà che sorrisi si saranno scambiati il Figlio e la Madre raccontando di qualche arrabbiatura di Giuseppe nel realizzare un tavolo o nel dialogare con qualche cliente o amico. Sorrisi di una tenerezza, per la nostra umanità ferita, da impazzire dalla commozione. Chi avrebbe retto al sorriso di Cristo di ogni giorno? Chi avrebbe potuto non essere schiantato dallo scoprire l’intensità con cui la nostra umanità è amata e preferita?

E poi c’è il tempo di loro due soli. Giuseppe muore e restano in casa soli. Una casa diventata ormai un anticipo del paradiso sulla terra. Gli amici che entravano, dalle loro mille storie e vicende, trovavano all’istante la possibilità di una novità. Come quando si sta con amici veri. Non perdi tempo, non ti lamenti, non c’è spazio per l’ombra del risentimento, non cadi nella logica del riempitivo… tutto appare subito gustoso e grande. E riposi, godi della vita, tutto si rivela un dono. Gli apostoli capiscono che il rapporto tra Gesù e sua Madre non potrà mai avere eguali. Imparano a stare insieme, senza riuscirci veramente prima della Pentecoste, guardando loro.

Per questo Maria è la Chiesa compiuta. Non è possibile fare esperienza della Chiesa senza la Madonna. Vincerebbero tutte quelle dinamiche umane che soffocano chiunque in poco tempo. Ma, come scriveva il grande Henri De Lubac in Meditazione sulla Chiesa, “Per fortuna, nessuno di noi si identifica con la Chiesa. Nessun nostro tradimento può consegnare al nemico la Città che il Signore stesso custodisce”.

È la Madre che dà vita, è la Madre che genera continuamente novità, è la Madre che spalanca i cuori allo Spirito. La festa di oggi, con grande semplicità, ci dice che tutto questo è possibile. È accaduto e accade. Il cuore del cielo è aperto per il cuore dell’uomo. Nulla di noi andrà perduto.

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