A distanza di quasi un anno dall’insediamento del governo Meloni (22 ottobre 2022 il giuramento al Quirinale) l’arrivo al Meeting di Rimini del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è l’occasione, in un contesto privilegiato, da sempre attento e sensibile al tema educativo, per fare un primo bilancio di quanto fatto in questi mesi e per rilanciare alcuni grandi temi e questioni che sono per ora rimasti ancora “sulla soglia”. Alcuni provvedimenti si segnalano per un atteggiamento che si potrebbe definire di “concreto pragmatismo”, come, per esempio, il rinnovo dei contratti collettivi per insegnanti e Pta (personale tecnico-amministrativo, ndr) con le rappresentanze sindacali, prevedendo un aumento stipendiale di tipo economico atteso da tempo.
Una concretezza che si inserisce all’interno di una più ampia strategia volta a restituire dignità e prestigio sociale alla professione di insegnante, con il ministero che giustamente in questi mesi, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha tutelato anche in sede legale insegnanti vittime di atti di violenza, bullismo e aggressioni, purtroppo sempre più frequenti. Questi aspetti, che potrebbero apparire marginali e di natura “tecnica”, rappresentano al contrario importanti tasselli di quel mosaico che ha nella personalizzazione dei processi di insegnamento e apprendimento una delle fondamentali direttive pedagogiche che è possibile perseguire.
Il quadro si comporrebbe in primo luogo della valorizzazione dei talenti e delle potenzialità di ciascuno studente, sia di quelli più fragili e in difficoltà, sia di quelli più talentuosi e disponibili a investire tempo ed energia nello studio e nel proprio percorso formativo, alla scoperta delle proprie passioni e inclinazioni, dei punti di forza e di debolezza di ognuno. In direzione si vedano per esempio l’adozione delle nuove linee guida sull’orientamento, con l’introduzione del docente tutor e del docente orientatore, che hanno riscosso una (forse inaspettata?) adesione da parte degli insegnanti, che quindi non è vero sposino a tutti i costi una uniformità del sistema. Che questo possa aprire anche a una più decisa differenziazione della carriera docente a seconda delle responsabilità che si assumono? E poi il “merito” divenuta una delle parole chiave nel dibattito, che può essere solamente benvenuto, auspicato e praticato, a patto che non decada in caricature e degenerazioni, spesso derivate dal contesto anglosassone, che rischiano di portare a quelle “tirannie meritocratiche” che fanno fuori tramite asettiche procedure quantitative e test standardizzati la singola persona e i propri talenti e bisogni.
Il binomio composto da concretezza e una certa visione ideale emerge anche in tema di scuole paritarie, da un lato sostenute e incoraggiate (un piccolo ma significativo passo in avanti sia sul tema dei fondi PON sia su quello dell’abilitazione all’insegnamento) dall’altro con l’avvio di una doverosa (e si spera severa e rigorosa) indagine contro i cosiddetti “diplomifici”. Quindi il lancio di una “Agenda Sud” per contrastare la dispersione scolastica e formativa, che in alcune aree del Paese e segmenti della popolazione ha assunto ormai le dimensioni e la gravità di una vera e propria emergenza sociale, e l’avvio di una sperimentazione riguardante la filiera tecnico-professionale fino agli Its, vista finalmente non come “la cenerentola” del sistema che può essere di qualità solo in alcune regioni “virtuose” e per un limitato numero di studenti, ma come canale formativo di “serie A” per tutti, da Nord a Sud, con lo scopo di favorire l’unione di mente-cuore-mani e rilanciare così, quasi per osmosi, una scuola secondaria di secondo grado che rimane ancora troppo rigida e chiusa in schemi dal sapore novecentesco.
Come si vede da questa rapida e parziale rassegna, i temi che si sono iniziati ad affrontare in questi primi mesi di XIX legislatura sono stati numerosi e altri se ne prospettano all’orizzonte, con sfide che richiederanno l’impegno di tutti i soggetti in campo: in primis l’avvio del nuovo sistema di formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria, in attuazione del PNRR e della legge 79/2022 con i corsi da 60, 36 e 30 Cfu affidati ai teaching and learning centers delle università, in collaborazione con le istituzioni scolastiche; contestualmente, l’avvio della Scuola di Alta Formazione; la riforma delle classi di concorso per l’insegnamento.
E poi la necessità, portata dalla disruption tecnologica, dal “post-Covid” e dall’ormai conclamato superamento dei tempi/luoghi dell’istruzione, di un più convinto rilancio dell’intreccio tra scuola ed extra-scuola, nella prospettiva di recuperare il valore formativo dell’esperienza, in una sempre più piena alternanza formativa, in grado di oltrepassare steccati e vincoli ideologici-burocratici del secolo scorso. Il tutto con la difficoltà di approntare riforme “di sistema” garantendo al contempo la continuità della non sempre facile navigazione ordinaria. Una rotta che dunque si deve muovere sempre tra “Scilla e Cariddi”, tanto più se deve attraversare i marosi delle stanze di viale Trastevere, quasi abituate, nel corso dei decenni, a veder passare “riforme senza cambiamenti”, in una logica gattopardesca che sembra segnare fatalmente la parabola di questo dicastero.
Si può ritenere, non senza qualche ragione, che le politiche dell’istruzione siano tra le più difficili da implementare: sono complesse, richiedono tempi lunghi, sovente generano nell’immediato un diffuso malcontento, richiedono monitoraggio e valutazione che travalica la durata dei singoli governi, i loro frutti vengono alla luce solo a distanza di anni. Eppure una prospettiva riformista che abbia l’ambizione di incidere e lasciare una traccia nel corso del tempo non può abdicare a questo compito, che può essere perseguito rifuggendo dalla tentazione di accontentarsi di mere manutenzioni dell’esistente, ma, al contrario, intraprendendo con umiltà e coraggio strade che siano in grado di superare rendite di posizione e anacronismi che, al di là della salvaguardia di status quo decennali in favore di pochi, nulla hanno a che vedere con il bene di studenti e insegnanti, bloccando e “ingolfando” un sistema di istruzione e formazione che nel nostro Paese è invece ancora ricco di forze ed energie vive, libere e intraprendenti che aspettano solo di poter essere valorizzate e sostenute nel proprio quotidiano, certamente difficile ma affascinante impegno educativo.
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