Quando il governo italiano sollecita 2,5 miliardi extra-utili alle banche e quello tedesco medita il blocco degli affitti per tre anni è evidente che il conto dell’inflazione è ormai sul tavolo: non solo quello della pizzeria. È sulle scrivanie delle cancellerie, degli imprenditori e manager; è definitivamente negli scontrini e nelle bollette dei consumatori, risparmiatori e contribuenti, di tutti coloro che in democrazia eleggono i loro governanti. E questi ultimi corrono ai ripari come possono: anche studiando, secondo alcune indiscrezioni riguardanti l’Italia, una riduzione delle pensioni reali attraverso un recupero solo parziale dell’indice dei prezzi. Che resta alto: non ha torto la presidente della Bce ad avvertire che un’inflazione al 5% è tutt’altro che domata e non autorizza i banchieri centrali ad allentare la stretta sui tassi.
Il prezzo della guerra (che ha bruscamente interrotto la convalescenza dalla pandemia) non è il costo degli aiuti militari e civili all’Ucraina, che è solo una parte (minima) della distruzione di valore prodotta da 18 mesi di crisi geopolitica. E mentre per gli ucraini si prospetta un “recovery plan” (umanamente doveroso dopo devastazioni e sofferenze prodotte dall’aggressione russa) nella Ue rischia di vanificarsi quello faticosamente messo in cantiere per vincere il dopo-Covid.
Nel frattempo dietro l’inflazione emergono ben visibili conflitti competitivi esterni e conflitti sociali interni, entrambi distruttivi. Finora una dinamica inerziale della crisi geopolitica ha lasciato esplodere sia i primi (con inflazione da sanzioni e nuovi protezionismi, ormai ben al di là di quelli contro l’energia di Mosca) sia i secondi (spirale fra rivendicazioni salariali e tendenza delle imprese a cavalcare l’inflazione anche in via speculativa). E il dossier inflazione resta per ora nelle mani dei soli banchieri centrali: ormai bruciate dalle raffiche di rialzi “tecnici” dei tassi d’interesse. Che stanno curando a mala pena i sintomi dell’inflazione, già con l’effetto collaterale di una nuova frenata recessiva dopo quella imposta dalla pandemia.
Il cardinale Zuppi, al meeting di Rimini, ha invitato l’Europa a fare di più per superare lo stallo geopolitico. Ha usato il Vecchio continente come categoria riassuntiva di un’azione politica paralizzata e latitante. E l’inflazione è il termometro infallibile della malattia. Che va contrastata nelle cause.
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