In attesa della Grande Riforma (??) la scuola non si ferma. Non aspetta l’attuazione piena delle leggi dell’autonomia e parità scolastica di berlingueriana memoria per muoversi attraverso innovazioni continue nell’interesse dei ragazzi. Come al Festival nazionale dell’innovazione scolastica (Fis), chiedendosi quali luoghi possono ospitare una scuola intesa come villaggio e incontro, nel solco dei cognitive e non cognitive skills. Val la pena di rendersene conto.

La scuola riparte dalle colline di Valdobbiadene, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.  È lì, infatti, che l’8, 9 e 10 settembre si è svolta la terza edizione del Festival nazionale dell’innovazione scolastica (Fis) sul tema “La scena dell’insegnare. L’ambiente dell’apprendere” organizzato da Dieffe, ApiS e Isiss “Verdi”.

Al Fis non si fanno lezioni, non si elencano problemi, non si fanno gare di bravura, non si progettano nuove riforme della scuola. Al Fis si vive secondo la logica dell’incontro, la logica del racconto delle esperienze, la logica della bellezza come cuore della scuola e dell’entusiasmo per l’innovazione come miccia che fa rinascere la passione per il compito educativo.

Dei 150 progetti presentati il comitato scientifico del Fis, presieduto da Luigi Ballerini, ne ha scelti 25 che sono stati illustrati in sessioni di 15 minuti ciascuna dai docenti e dai dirigenti presso l’Isiss “Verdi” di Valdobbiadene.

In ogni progetto presentato è emerso un aspetto diverso e magnifico della vitalità che anima moltissimi docenti e dirigenti di scuole italiane, statali e paritarie, da Caltanissetta a Bolzano. Linguaggi, strumenti, azioni, gesti diversi tra loro ma accomunati dall’essere tentativi di rendere nuove la relazione educativa, la conoscenza e la vita stessa. Al centro lo studente, al suo fianco il docente che lo accompagna alla scoperta di sé e del mondo.

È stato emozionante assistere al lancio del Festival nella piazza di Valdobbiadene, alla presenza del sindaco Luciano Fregonese e dell’assessore regionale Elena Donazzan, dove il prof. Alberto Ferlenga, ex rettore dello Iuav di Venezia, ed Elena Mosa di Indire hanno sottolineato che l’ambiente è il terzo educatore: gli ambienti e gli arredi di una scuola dicono indirettamente allo studente che la scuola è per lui. L’implicito messaggio che promana dalla bellezza del luogo in cui lavoriamo supera i messaggi espliciti della comunicazione verbale, assicurando ai giovani studenti il senso di cura e di positività del vivere di cui hanno bisogno per affrontare le sfide dell’esistenza.

Siamo rimasti tutti colpiti quando Giorgio Vittadini ha ricordato che dobbiamo superare il formalismo e l’efficientismo taylorista nell’istruzione, ricordando che il primo ambiente di apprendimento è lo sguardo che il docente rivolge ai suoi allievi e che tutto a scuola si gioca nella relazione aperta e viva tra soggetti, senza i quali nessun ambiente diventa un luogo umano. La scuola, infatti, è il luogo di un incontro dove istruzione e educazione non devono più rimanere separati: in un mondo in continua evoluzione l’aspetto cognitivo, infatti, risulta vano se non è accompagnato dalla formazione del carattere del soggetto.

È stato impressionante ascoltare la ricchezza portata da ciascuna scuola selezionata: dall’Ic di Modena che scrive lettere ai suoi allievi, al docente di arte di Guidonia che ha rivoluzionato il suo liceo creando aule per lezioni all’aperto e ambienti per performance artistiche nel giardino con i banchi doppi dismessi all’inizio della pandemia da Covid-19, fino ai percorsi di educazione costruiti per studenti difficili e sospesi dalle lezioni dell’Ipsia di Cernusco sul Naviglio. Ogni esperienza di innovazione cambia la prospettiva dello sguardo, trasformando il lamento tipico di chi lavora a scuola nella convinzione che tutto è possibile se mettiamo insieme le idee e le energie.

Quanto entusiasmo e quale grandezza d’animo muove non solo i dirigenti e i docenti, ma anche chi si spende nella società per il bene della scuola: ecco perché nelle ultime battute del festival è stato consegnato al regista e performer esperto di comunicazione non verbale Luca Vullo e alla giornalista Rai Paola Guarnieri il premio “Bollicine della Scuola 2023”. Questo premio viene assegnato dal Fis a giornalisti, uomini di cultura e dello spettacolo e imprenditori che si sono distinti per aver aiutato la scuola a crescere o per raccontarla senza cedere al pessimismo e al cinismo.

Abbiamo scoperto che l’innovazione accade quando un insegnante decide di iniziare a fare innovazione. Durante la cena di gala del Fis, curata dagli studenti e docenti dell’Istituto professionale alberghiero Dieffe, il presidente del Fis Alberto Raffaelli ha sottolineato che per innovare la scuola non basta avere una buona idea, ma bisogna che ci sia una comunità con cui realizzarla, delle istituzioni e un territorio per coprogettarla, e strumenti con cui metterla a disposizione di tutti per cambiare in meglio il modo con cui insegniamo e lavoriamo nella scuola.

Nel loro videosaluto il ministro Giuseppe Valditara e la presidente di Indire Cristina Grieco hanno indicato nel Fis un metodo vincente da proporre come modello alla scuola italiana: condividere le esperienze di innovazione didattica e ridare così speranza e coraggio a chi nella scuola ci lavora e ci studia. Una speranza che si rinnova all’inizio di questo nuovo anno di scuola, in un momento segnato non solo dalla guerra, ma anche dal degrado e dalla barbarie crescenti emersi nei fatti di Palermo e Caivano. Ci vuole coraggio a sostenere la speranza degli uomini. Un coraggio che dai partecipanti del Fis è rifluito nelle scuole dove ciascuno è tornato, in attesa di rivedersi alla quarta edizione del Fis2024 che avrà come tema “Muovere il corpo e la mente: sport, creatività e socialità”.

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