Un giovane affonda la pala nel suolo rosso del cimitero di Ouirgane, una piccola città isolata nel cuore dell’Atlante marocchino. La terra si apre per ospitare una nuova tomba. Una tomba semplice e poco profonda, una tomba per Fatima, una delle vittime del terremoto. Ci sono molte nuove tombe nel cimitero di Ouirgane, tutte scavate nelle ultime ore. I corpi giacciono come prescritto dall’Islam, senza bara, a diretto contatto con la polvere. Si formano piccoli cumuli di sabbia, ricoperti di rami in modo che gli animali non vadano a scavare di notte.

Fatima è morta sepolta tra le macerie e il suo corpo è stato recuperato da poche ore. I soccorritori continuano a lavorare in città, ma non c’è speranza di trovare qualcuno vivo. Una casa a due piani è crollata il giorno del terremoto e Mohamed, un uomo anziano, è rimasto sepolto. Quindici vigili del fuoco stanno per rimuovere ciò che ne resta da sotto le macerie dopo molte ore di lavoro. Le sue figlie aspettano vicino alle rovine della casa. Piangono. In silenzio. Piangono senza che nessuno dica loro: «Non piangete».

I pompieri depositano i resti di Mohamed su una barella e lo coprono con una coperta. Una delle figlie si precipita verso di loro urlando di dolore, con quel dolore unico che causa la morte. Le squadre di soccorso la spingono via in modo che non sollevi la coperta e corrono via. La donna le rincorre, i suoi amici cercano di fermarla e lei urla più forte, con l’urlo straziante di chi ha visto il nulla. Urla e grida fino a perdere conoscenza. Le donne della città cercano di rianimarla.

Mohamed farà presto compagnia a Fatima nel piccolo cimitero di Ouirgane. Erano andati a letto con le loro solite preoccupazioni e si sono svegliati in un altro presente.

Il terremoto che ha scosso il sud del Marocco ha messo in risalto le forti contraddizioni presenti nel Paese. Lo Stato non raggiunge i villaggi dell’Atlante, tradizionalmente berberi. Le strade di accesso richiedono tre o quattro ore per percorrere dieci chilometri. Lo sviluppo economico giova solo a pochi, in montagna quasi tutti vivono come secoli fa. Il Re, che ha promosso la riforma costituzionale nel 2011, resta il factotum. Non ci sono libertà. Non un solo camion di soccorso parte per la sua destinazione senza che lui lo ordini. E Mohamed VI, vertice di una piramide inefficiente, vive fuori dal Marocco. Il Paese alleato dell’Occidente, quello che meglio ha impedito la diffusione di un islam fondamentalista, amico di Israele, non è in grado di dare un tetto decente a chi è rimasto senza casa.

Mohamed e Fatima dormivano in una casa fatta solo di fango e pietra. Ora hanno come tetto un bellissimo circo di montagna. Il cimitero di Ouirgane non è un memento moris – oggi ci sei e domani non ci sei più -, ma ora è un memento vitae – ieri non c’eri e adesso ci sei -. Il cimitero di Ouirgane è uno degli innumerevoli cimiteri del momento. Per i morti e per coloro che sono sopravvissuti, per coloro che vivranno interi mesi lontani dalle loro case.

Immaginiamo di aver potuto assistere alla morte di tutte le Fatima dell’Atlante. Immaginiamo di aver conosciuto tutte le invidie, le gioie, tutti i gesti d’amore che esistevano nelle loro vite. L’apparenza vuole convincerci che tutto questo è diventato niente, che non è mai stato più di niente. L’ultima luce prima della fine della giornata a Ouirgane, che illumina l’Atlante, ci raggiunge con un “adesso” radioso e incorruttibile. Non è una sospensione, né la sensazione di vivere un tempo immobile e dorati. Non è l’idea che nessuna delle nostre cellule invecchi e il tempo diventi immobile. Non sarebbe sufficiente. È l’intuizione, la certezza di un presente autentico, un presente eterno, l’eternità di tutti i presenti.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI