La presentazione della Nota di aggiornamento al Def e soprattutto il varo della Legge di bilancio 2024 entro il termine Ue del 20 ottobre si profilano come un appuntamento che va molto al di là di una “ordinaria amministrazione”,  che per l’Italia non c’è d’altronde mai stata nell’era Maastricht. Per questo ha destato qualche perplessità il “decreto energia” (per altri “decreto scontrini”): una sorta di preliminare in corsa della manovra.

Il passo non è parso certamente fuori linea come ennesimo capitolo-emergenza: soprattutto per le (molte) famiglie a basso reddito. Sia il (robusto) “zuccherino” da 1,2 miliardi di sussidi-energia, tuttavia, sia la mini-sanatoria sugli scontrini sarebbero stati meglio collocati nel disegno organico della manovra 2024. Il cui cuore problematico non sono i sussidi alle famiglie o le diverse sanatorie praticabili in un dato momento. Sarà importante, ma non ultimativo il saldo aggregato della Legge di bilancio: riguardo la cui entità e finanziabilità, cifre e ipotesi di quadratura del bilancio sono peraltro ancora confuse.

Il Governo e la sua maggioranza tripartita hanno sicuramente più di una ragione – politica prima che economica – per concentrarsi sulla manovra, di fatto la prima dopo il voto del settembre 2022. Quella per l’anno in corso è rimasta largamente quella impostata dal Governo Draghi. E non va dimenticato che nel giugno prossimo le elezioni europee rappresentano un test di primo livello: nel 2014 di fatto legittimarono la leadership di Matteo Renzi, cinque anni dopo furono la premessa del ribaltone fra Conte 1 e Conte 2.

Prima di allora, tuttavia, proprio a livello Ue è in agenda il ripristino dei parametri di stabilità economico-finanziaria: ciò che molto probabilmente si tradurrà in una riscrittura parziale e nell’avvio di un cantiere di ricostruzione della governance Ue. E per l’Italia la scadenza – ravvicinata – si accompagna contemporaneamente all’erogazione della quinta rata del Recovery Plan Ue al Pnrr italiano e alla decisione sulla riforma del Mes. La manovra 2024 non può essere “altro”: a Bruxelles l’Italia nelle prossime settimane sarà giudicata dalla sua legge di stabilità e dalla scelta sul Mes. Ed è prevedibile un effetto-contagio su tutti i dossier aperti fra Roma e Bruxelles, anche quelli non finanziari, come la crisi-migranti, e sulla specifica campagna elettorale europea (che non riguarda solo le forze politiche, ma anche il Sistema-Paese).

L’eurocrazia di Bruxelles si attende dall’Italia l’adesione a un “meccanismo” inadeguato e obsoleto, a bordo del quale manca solo Roma. E poi un piano di medio-lungo termine di ridimensionamento e normalizzazione del debito, a un tavolo negoziale a cui d’altronde nessun Paese-membro potrà permettersi di esercitare un dominio su tutti gli altri, né autoproclamarsi “la vera Europa”.

La cronaca geopolitica  – sempre concitata – ha offerto nelle ultime ore un singolare spunto transatlantico. Lunedì l’Amministrazione Usa  ha deciso senz’alcun preavviso un aiuto straordinario di 2 miliardi di dollari alla Polonia. A Varsavia si vota fra venti giorni e il governo di centrodestra – alleato di ferro degli Usa sul fronte russo-ucraino – ha dato segni di nervosismo: minacciando di boicottare la rivendita del grano ucraino. La Polonia – assieme all’Ungheria – è d’altra parte da anni “osservata speciale” da parte delle autorità Ue per presunte violazioni dei principi democratici dell’Europa, nella propria legislazione interna. A molti osservatori internazionali il supporto “pronta cassa” della Casa Bianca al Pis (il partito conservatore al potere in Polonia, alleato di Fratelli d’Italia in Europa) è sembrato una scorciatoia discutibile: anzitutto per il Presidente Joe Biden, lui stesso in complicata campagna elettorale oltre Atlantico.

È evidente che per un Paese come l’Italia (pur fermo come la Polonia sul fronte Nato) imboccare – o accettare o anche solo immaginare – scorciatoie simili, centrifughe rispetto all’Ue, sarebbe molto rischioso.

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