Non occorre essere fini economisti per capire le difficoltà di chi sta predisponendo la manovra economica del Governo: anche la, spesso purtroppo negativamente chiamata in causa (e non me ne voglia male), “casalinga di Voghera” sa che se non ci sono risorse in saccoccia risulta difficile fare la spesa, e non per comperare aragoste e ostriche, ma semplicemente per il pane quotidiano, quello che a tutti, auspicabilmente, dovrebbe essere se non garantito almeno messo a disposizione ogni giorno.
Ecco allora iniziato il gioco del “tiro della giacchetta”, o come diceva una nota canzone di qualche anno fa: “C’è da spostare una macchina … questa macchina qua devi metterla là”, e altre facezie di questa natura.
Ognuno ha le sue ricette (è noto che siamo tutti allenatori della nazionale), esperti e inesperti, singoli e gruppi, maggioranza e opposizione (pure chi scrive, perché no?, anche se si astiene dal presentarle non avendo “le physique du röle” che sarebbe necessario); alcune mirano alla pura sopravvivenza, altre cercano qualcosa di più, e altre ancora (se vogliamo essere del tutto sinceri) ci ricordano il caso delle cinque monete d’oro di Pinocchio e del Gatto e della Volpe (se sotterri la moneta cresce l’albero degli zecchini d’oro).
A volte, nonostante le diversità di visione, di tono, di modalità, e via differenziando, si riscontrano degli elementi comuni: quest’anno è il caso della sanità. Tutti sembrano concordare che alla sanità debbano in questa tornata essere concesse delle priorità, delle attenzioni maggiori, e quindi delle ulteriori risorse rispetto a quelle assegnate negli anni passati.
Giusto? Sbagliato? Si può (anzi si deve) discutere, perché si sa che il popolo dei bisognosi è molto numeroso (scuola, giustizia, difesa, lavoro, ambiente…) e ciascuno ritiene di avere diritto al proprio pane quotidiano, anche se è certo che il comparto sanità è in forte sofferenza. Meno certo è invece il livello della sofferenza (qualche miliardo o alcune decine di miliardi?) anche se recentemente la Commissione Salute delle Regioni e il Ministro sembrano avere trovato una “quadra” attorno a 4-5 miliardi.
Premesso che i bisogni sanitari sono in aumento per fattori naturali (l’invecchiamento della popolazione e quello che ciò si porta dietro in termini di richiesta di servizi e prestazioni) o meno naturali (i vari insulti che minano la nostra salute: abitudini di vita, ambiente, lavoro, condizioni economiche…), è bene ricordare che le risorse sono solo una delle questioni di cui si deve discutere in sanità, e sarebbe del tutto illusorio pensare che con un’iniezione di soldi (qualche miliardo, cosa possibile, ma anche qualche decina di miliardi, cosa del tutto impossibile) si risolverebbero questioni come le difficoltà del personale, le lunghe liste di attesa, il senso del e la motivazione per il proprio lavoro, la migrazione sanitaria, le disequità nell’accesso ai servizi, la medicina territoriale, i consumi inappropriati, la medicina difensiva, l’assistenza socio-sanitaria, il costo dei farmaci, la presa in carico dei pazienti cronici…: e ci fermiamo qua solo per esigenze di spazio, ma l’elenco delle lamentele motivate da esperienze reali che quotidianamente i cittadini-pazienti pongono sul tavolo va ben oltre questa piccola lista e dimostra che se l’aumento di risorse da una parte, oltre che ovviamente gradito dal comparto, è oltremodo necessario, dall’altra qualsiasi incremento di sole risorse (anche se rilevante) può risultare inefficace (e produrre addirittura spreco) qualora i problemi esemplificati, che richiedono anche altri tipi di intervento e di approccio, vengano affrontati con la sola leva economica.
In questi mesi, e si va ormai verso l’anno da quando è stato nominato (22.10.2022), il signor ministro della Salute è intervenuto moltissime volte per dire cosa va e, soprattutto, cosa non va nella sanità del nostro Paese, però non possiamo dire che ai suoi interventi verbali siano seguite altrettante iniziative concrete, iniziative che (per onestà intellettuale bisogna dirlo) non dipendono solo dalle intenzioni e dall’impegno del ministro. Adesso però l’occasione è ghiotta, vista anche la concordanza delle richieste e delle sollecitazioni: c’è l’opportunità di superare la famosa citazione cinematografica che rimanda alla scarsa capacità di accompagnare le parole con i fatti (“sei solo chiacchiere e distintivo”) convincendo il Governo almeno a dedicare, con un aumento adeguato di risorse, la necessaria attenzione alla sanità post pandemica.
Per questo ci sembra quanto mai attuale e denso di significato il titolo (qui adattato) del romanzo giallo scritto nel 1940 da Jonathan Stagge: Ministro, “se ci sei batti un colpo”.
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