Carras, cambiare la vita per non perderla

La scorsa settimana, esattamente il 9 gennaio, è scomparso Jesús Carrascosa, responsabile di Comunione e Liberazione in Spagna

Lo chiamano Carras. Un soprannome, una semplificazione che dà forza sonora al suo nome: Jesús Carrascosa. Ha studiato filosofia presso la Compagnia di Gesù. Studi che nella Spagna degli anni ’60 lo trasformano in una sorta di “aristocratico intellettuale”. E lavora alla ZYX, la casa editrice creata da esponenti dell’Azione Cattolica impegnati a favore del mondo operaio. Ma non lavora in ufficio, bensì in magazzino, a preparare i pacchi per spedire i libri. Lavora con quella passione per il concreto che lo accompagnerà per tutta la vita. Ci vuole tanto amore per se stessi, tanta stima per l’esigenza di giustizia che vibra dentro per dedicarsi a preparare pacchi, per andare a vivere in una baracca a Palomeras (Vallecas), per cambiare vita tre, quattro, cinque volte, per cambiare sempre la propria vita per non perderla.

Ci vuole molto coraggio e molta autostima per riconoscere, a quasi 40 anni, che l’ideale a cui si sono dedicate le migliori energie è tramontato. Che la triplice comunione – di vita, di beni e di azione – con i compagni, che l’autogestione, è radicalmente fallita. Che il posto della morale rivoluzionaria è stato occupato dalla miseria umana. Ci vuole molta coscienza della necessità per accettare prima di viaggiare e poi di stabilirsi in Italia per diversi anni. Ci vuole tanta gratitudine e tanta consapevolezza di aver trovato un grande tesoro nell’abbraccio di don Giussani per accettare qualsiasi incarico pur di restare vicini al suo sguardo. Il lavoro, a quasi 40 anni, è quello di pulire la sede di Comunione e Liberazione.

Torna in Spagna, alle cose di sempre, con le solite persone. Ma ormai niente è più come prima. Giussani non gli ha dato nessun incarico, non gli ha chiesto nulla, non hanno progetto nulla di concreto. Quello che è concreto è il legame tra lui, Jone, sua moglie, i coniugi Oriol e Giussani. Ciò che è concreto è il legame con i nuovi amici, il legame con Cristo che batte in modo molto concreto nella carne. Ci vuole una grande passione e una grande gratitudine per l’incontro con lo sguardo di Cristo sulla vita e e per la vita che guarda Cristo per scommettere tutto su qualcosa che sembra niente.

E ricomincia, questa volta da insegnante in una scuola. Lo chiamano Carras. Anche il pugno di giovani che cominciano a stringersi attorno a lui lo chiamano Carras. La stragrande maggioranza di loro non ha più alcuna “preoccupazione spirituale”. È la grande opportunità educativa della Spagna secolarizzata. Lo chiamano Carras quando sa come arrivare dove sono loro. Quando comunica se stesso, quando comunica una passione umana, una passione per Cristo che ha la forma del buon mangiare e bere, di un’amicizia densa e gioiosa. Quando comunica se stesso creando uno spazio che ha la forma dello scherzo e della libertà, uno spazio in cui la differenza non separa, ma, paradossalmente, unisce di più.

Quando arriva a Roma e cambia ancora lavoro, quando inventa la “diplomazia dell’umano” tra le personalità spesso fredde e solitarie del Vaticano, anche lì lo chiamano Carras.

Non sono venuto a bere l’ultimo whisky che mi avevi offerto, volevo andare a dormire. Resta in sospeso, non ci vorrà molto. Mille anni sono come un turno di guardia nella notte. Ora che sei qui, anche se non ci sei, mi viene in mente una delle tue frasi preferite: che fortuna che abbiamo avuto!

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