Lo scorso mercoledì 10 gennaio, la Securities and Exchange Commission (SEC), l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari degli Stati Uniti, ha autorizzato la quotazione a Wall Street di undici Exchange Traded Funds (ETFs) basati su Bitcoin. Si tratta di strumenti simili ad azioni, emessi da fondi che detengono direttamente la criptovaluta, il cui valore di mercato segue l’andamento del prezzo del Bitcoin. Questo evento è stato accolto con entusiasmo dagli appassionati di criptovalute, che prevedono un crescente afflusso di investitori istituzionali e retail nel mercato. Tra le undici società d’investimento coinvolte nella quotazione degli ETF spicca il nome di BlackRock, il più grande gestore di fondi al mondo con volumi amministrati pari a 10 mila miliardi di dollari.
Creata nel 2009, Bitcoin è la prima e più conosciuta delle criptovalute. La sua creazione e diffusione non è stabilita da una Banca centrale, come nel caso delle valute tradizionali, ma da un sistema digitale noto come blockchain technology. Altra particolarità, Bitcoin si basa su un protocollo informatico che prevede un’emissione finale pari a 21 milioni di unità, il che vuol dire che non saranno più estratti Bitcoin una volta raggiunta questa quota. d oggi, ne sono stati emessi poco più di 19 milioni.
L’approvazione di ETFs su Bitcoin rappresenta una svolta significativa da parte della Sec, che in passato aveva dimostrato scetticismo nei confronti delle criptovalute, considerandole troppo rischiose e suscettibili a frodi e manipolazioni di mercato. L’autorità statunitense aveva rifiutato simili autorizzazioni per dieci anni. L’Europa si era mossa in anticipo in questa direzione, avendo già autorizzato strumenti simili ma non identici a quelli approvati negli Stati Uniti. Tuttavia, il via libera degli ETFs su Bitcoin nell’olimpo di Wall Street segna un punto di svolta da molti ritenuto storico.
Alcuni segnali che la notizia era in qualche misura attesa si potevano rilevare nell’andamento del prezzo di Bitcoin degli ultimi mesi, cresciuto del 90% da settembre a dicembre 2023 e addirittura del 200% nei primi giorni del 2024. Al momento dell’approvazione degli ETFs, la sua quotazione era di circa 47 mila dollari, la più alta da due anni e in aumento del 3% rispetto al giorno precedente. Nonostante il prezzo sia attualmente sceso dal suo picco di novembre 2021, tali cifre indicano che l’attrattività di questo asset è ancora molto forte. Solo nel primo giorno, gli ETFs Bitcoin hanno accumulato un volume di scambi di oltre 4 miliardi di dollari. Le vendite degli investitori che vorranno trarre profitto dall’aumento del suo valore e l’ingresso di nuovi investitori, che l’approvazione della SEC probabilmente favorirà, renderanno il futuro della criptovaluta più diffusa ancora più dinamico.
Seppur per certi aspetti anticipata, l’autorizzazione degli ETFs segna un passaggio importante nel mondo della finanza. Questi strumenti, infatti, permettono l’accesso al mercato dei Bitcoin attraverso prodotti finanziari tradizionali. Acquistando un ETF, un investitore si espone al prezzo di Bitcoin, senza però detenerlo direttamente nel proprio portafoglio. È possibile trarre profitto (o perdita) dagli sviluppi della criptovaluta indirettamente, attraverso un prodotto finanziario regolamentato e senza sottoporsi al rischio di detenere direttamente la valuta. Un rischio che ha pagato caro chi, per esempio, deteneva Bitcoin in FTX.
A questo minor rischio corrisponde un prezzo maggiore in termini di commissioni. L’acquisto di ETFs su Bitcoin prevede, infatti, il pagamento di commissioni annue di gestione ai fondi che li emettono. Spese che non riguardano chi acquista Bitcoin direttamente tramite la blockchain (il sistema informatico su cui si basano le transazioni della criptovaluta). Tra le undici case che hanno ricevuto l’autorizzazione a emettere ETFs è già scoppiata una forte competizione per le commissioni, che impatterà verosimilmente anche il mercato europeo.
Con ogni probabilità questo evento alimenterà gli investimenti in criptovalute e in altri prodotti digitali, almeno nel breve periodo. Tra qualche tempo, quando si avranno più strumenti per valutare la portata del fenomeno, sarà opportuno domandarsi in che misura la crescita di questi investimenti in prodotti digitali sarà stata a supporto di quelli reali, favorendo dunque la preziosa dimensione sussidiaria della finanza.
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