Niente di nuovo sotto il sole? Il mondo cooperativo è fatto solo da anziani e destinato a morire pian piano con loro? I giovani sono interessati solo al guadagno facile e alla carriera? Questa storia di una cooperativa sociale nata a Milano negli ultimi anni per iniziativa di un giovane smentisce questi luoghi comuni. C’è la possibilità di un nuovo inizio per tanti se si ha il coraggio di uscire dal già saputo e dai luoghi comuni.

Sono Davide Damiano, ho 31 anni, sono il Presidente della Cooperativa sociale Pandora, membro del consiglio di Federsolidarietà di Milano e dei Navigli e del Consiglio nazionale dei giovani cooperatori. Ho preso in mano il destino di Pandora nel 2018, dopo la laurea in Economia, grazie ad alcuni incontri provvidenziali e ricercati che mi hanno permesso di iniziare un percorso professionale “atipico” per chi studia e si laurea in Economia.

Sono stato sempre affascinato da un mondo poco studiato nelle nostre università che cuba però il 7% del Prodotto interno lordo, senza dimenticare che il 7,5% degli occupati nel nostro Paese è impiegato proprio in una cooperativa.

La grandezza del movimento cooperativo, a mio parere, è che il cuore non potrà mai cambiare, i suoi principi cardine rimarranno gli stessi, ma può avere la forza e l’obbligo di modellarsi in base al sistema e alle epoche storiche in cui si pone. Se alla nascita della cooperativa moderna il bisogno era quello di fare da contraltare a un sistema vecchio ed elitario, oggi il bisogno prevalente è costruire comunità e luoghi aggregativi.

Pandora è una Cooperativa sociale di Milano che si occupa di inserimento lavorativo di persone svantaggiate. La cooperativa gestisce, tra gli altri, tre laboratori presso la casa circondariale di Monza dove vengono svolte una lavorazione di assemblaggio e confezionamento valigette in polionda, una lavorazione di assemblaggio e confezionamento viti e bulloni e abbiamo un laboratorio di disegno tramite ausilio del programma autocad di colonnine per la ricarica energetica dei mezzi elettrici.

Nel 2022 la cooperativa ha acquistato una start up (Streeteat) per svilupparsi in altri settori e, da quel momento, Pandora vende il servizio di pasti a domicilio gestiti da una propria applicazione e consegnati in appositi locker refrigerati posizionati negli spazi mense aziendali. Possiede inoltre un ristorante mobile di 60 metri quadri che può essere utilizzato per eventi aziendali, feste e attività di prevenzione. Il tutto sempre accompagnato dall’inserimento lavorativo di persone che vivono uno stato di difficoltà. Su 87 dipendenti, il 70% del personale di Pandora appartiene a una di queste categorie.

Pandora utilizza un metodo di reinserimento che non fa del lavoro un mezzo puramente riabilitativo, ma vi vede una parte integrante di un percorso più ampio che, se finalizzato, porta la persona a un’autonomia prima inesistente. Proprio per questo le sinergie e le relazioni con gli altri enti del territorio che si occupano di cura, ascolto e accompagnamento sono di fondamentale importanza.

C’è Daniel, arrivato in Italia 7 anni fa. Dopo aver appreso che lo zio, che tanto lo aveva incoraggiato a imbarcarsi per il lungo viaggio, era in realtà un piccolo criminale, ha lasciato l’abitazione e si è ritrovato in strada. L’ho incontrato per la prima volta nel dormitorio Enzo Jannacci di Milano e iniziò, grazie anche all’intermediazione di alcuni avvocati volontari, un percorso lavorativo, prima con l’attivazione di una borsa lavoro, poi con un contratto a tempo determinato. Dopodiché, grazie a partnership con altre realtà del Terzo settore, siamo riusciti a trovare a Daniel una casa e il rapporto di lavoro si è trasformato in un tempo indeterminato presso un ospedale pubblico.

Ho in mente Luca che ha iniziato a lavorare con noi all’interno di un istituto penitenziario e oggi ha un contratto a tempo indeterminato, una casa e una nuova vita di fronte.

Accanto alla cooperativa è nata nel 2023 l’Associazione Vantaggio, associazione di volontariato che si occupa di incontrare le persone girando la periferia di Milano con un ufficio mobile e che vuole inserirsi all’interno di un contesto in cui raramente esistono punti di riferimento, luoghi dove tornare. E, nella semplicità dell’opera, si occupa di mettere in contatto le persone incontrate con le opere che possono rispondere al loro bisogno.

L’associazione, tutti i sabati mattina, è presente in alcuni luoghi della città ed è gestita interamente dall’instancabile lavoro di volontari. In alcuni momenti riceviamo più di 100 persone in poche ore e le richieste sono le più disparate: bisogno di lavoro, bisogno di un’abitazione, bisogno di accompagnamento sanitario.

Tutto questo mi insegna ogni giorno che la buona integrazione e il reinserimento avvengono grazie a delle reti di imprese, associazioni e cooperative che agiscono avendo in mente la persona e ciò che la compone. Senza questa rete qualsiasi attività sociale è per forza destinata all’autodeterminazione e, quindi, alla chiusura.

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