L’imprevisto di cui abbiamo bisogno

Il cristianesimo è lasciarsi possedere da un imprevisto che diventa un Amore totale. Come accadde ad Agnese, martirizzata a Roma tra III e IV secolo

È un giorno caldo, a Roma, e le strade sono affollate. Quelli del suo rango si erano già recati alle terme, come facevano quasi ogni giorno, mentre gli schiavi sistemavano la casa e facevano la spesa. Lei era cresciuta in una famiglia diversa, che aveva smesso di vivere la vita di tutti: erano cristiani. A dodici anni decise di consegnare la propria umanità a Cristo, unico Sposo, intuendo che tutta la realtà era attraversata dal rapporto con Lui. I figli delle altre famiglie patrizie, delusi dalle vecchie divinità, si erano dati alla magia e alla superstizione. La famiglia di Agnese no. Troppi segni avevano avuto per pensare a una realtà disabitata. Affascinava quel suo modo di fare le cose di tutti i giorni. Molti ragazzi la osservavano e rimanevano colpiti, senza saperlo, proprio da quell’essersi già data tutta a un Altro. Che gemma preziosa la verginità! Non capivano i suoi continui rifiuti. Non riuscivano a identificare il misterioso Contendente.

Persino il figlio del prefetto si invaghì di lei. Un giorno si presentò a casa sua con un cofanetto pieno di gioielli, abituato com’era a poter comprare tutto, persino l’amore. Tornò a casa con i suoi gioielli e raccontò al padre l’accaduto, furioso per non aver potuto prendere ciò che voleva. Il padre ascoltò e intuì: è cristiana. Suggerì al figlio di accusarla, in modo da poterla imprigionare. L’imperatore, spietato, non vedeva l’ora di far fuori gente così, che non si piegava, che non rinunciava alla propria libertà.

Lei, però, non fece neanche una piega. Il suo Sposo, così lo chiamava, era una cosa sola con lei. Le vennero in mente le Sue parole: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 17-19).

Fu condotta davanti al prefetto che la minacciò perché rinnegasse Cristo. Senza risultati decise di passare alle lusinghe, ma neppure quelle la smossero. Il prefetto allora se ne andò irritato. Nel frattempo, uno dei presenti le si avvicinò per rubarle quella gemma della verginità che un Altro le aveva messo in cuore. Cadde a terra abbagliato lasciando tutti senza parole. Appena il prefetto venne a sapere il fatto ordinò che fosse uccisa, come gli agnelli, con una spada in gola. Prese il nome da ciò che patì.

“Tutto ciò che è evidente – e perciò porta a galla la stoffa della realtà che è l’Essere, il mistero dell’Essere – ha sopra una colla: se tu gli passi vicino, ti attacchi, e nella misura della forza di questa colla, ti fermi” (Luigi Giussani, Affezione e dimora, Bur, p. 16). Agnese non si smosse, non si staccò, per via della forza di quella colla.

A volte basterebbe leggere la vita dei santi per capire la nostra, per entrare nel merito di tante vicende che affollano la cronaca e che continuano a documentare gli stessi tentativi dell’uomo che, dal peccato originale in avanti, non hanno mai avuto il dono della fantasia. Idolatria, possesso, istinto, mediocrità, ottusità… tutte cose con una colla debole, tanto da costringerci a passare da una all’altra senza sosta. Fino a quando non arriva quel giorno che da sempre attendiamo. “La salvezza può venire solo da un imprevisto […]. È un imprevisto che rende fedele l’uomo alla donna per sempre, è un imprevisto che rende esclusiva la devozione a un viso, a un volto” (Luigi Giussani, Affezione e dimora, Bur, p. 286).

Solo la nostra resistenza alla bellezza e alla verità può respingere quell’imprevisto. Non c’è potere che tenga, non c’è nemico che possa fare qualcosa di più efficace. Agnese ci ricorda il metodo: il sacrificio. Ogni anno, il 21 gennaio, a Roma vengono benedetti due agnelli dalla cui lana verranno ricavati i pallii che il Papa imporrà, dopo essere stati deposti sulla tomba di Pietro, ai nuovi arcivescovi e metropoliti del mondo, in segno di comunione con il vescovo di Roma. Davanti al carnefice Agnese non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe nato dal suo sacrificio. Anche noi non immaginiamo cosa possa nascere dal nostro “sì” libero. Solo lo Sposo lo sa. E questo basta per attendere con simpatia l’irruzione dell’imprevisto di cui abbiamo bisogno.

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