Quando c’è qualcosa che non torna

L'amicizia cristiana non è un traino che ci risparmia la mossa della libertà. Quest'ultima si muove solo se guarda a Colui che si muove sempre per primo

Ci vediamo tutte le settimane e ci scriviamo spesso. La nostra amicizia ha raggiunto un punto di comunione davvero interessante. Un vero cammino al destino. L’altra sera mi suona il telefono. È lui. “Hai un attimo? Volevo raccontarti una cosa che mi è successa oggi a scuola”. Inizia a elencare, stupito, piccoli e grandi episodi successi durante la settimana in alcune classi. Reazioni improvvise dei ragazzi ad alcune sue provocazioni, domande su questioni affrontate settimane prima e che avevano tenuto ben in mente… e io ascolto, godendomi il fatto che il primo ad avere cambiato sguardo era stato proprio lui.

Mentre mi parla mi viene in mente quello che era accaduto a me poco prima. Torno da un funerale, salgo in casa per bere una tisana calda e, dando uno sguardo alla mia libreria, l’occhio cade su un libro. Come se mi chiamasse lo afferro e lo apro. Inizio a leggere la prefazione. A un certo punto mi imbatto in questa frase: “O ciò che ci ha colpito una volta è avvenimento di ogni giorno, è Presenza ricercata ogni giorno, oppure quello che ci ha colpito una volta diventa una regola interpretabile dalla nostra mente o un devoto ricordo in nome del quale si cerca di dare avvio a un’iniziativa nuova. Ma non è più quello!”.

La frase è di don Luigi Giussani e il libro è Un avvenimento nella vita dell’uomo. Appena letta mi ha folgorato. Descrive in modo geniale quello che capita quando si abbandona ciò che si è incontrato. All’inizio ci sembra che, tutto sommato, si tratti della stessa cosa, ma i conti non tornano. Allora le proviamo tutte: ridiciamo le stesse parole, riproponiamo le stesse iniziative, richiamiamo in campo gli stessi uomini, ci riaffidiamo agli stessi sforzi… eppure c’è sempre qualcosa che non torna: non è più quello! La telefonata di questo amico ha dato carne a questa folgorazione. Che misericordia ha avuto il Mistero quando ha deciso di crearci con questo “sensore” che ci impedisce di farci andar bene tutto.

Poco dopo don Giussani sembra descrivere proprio la nostra amicizia che, per grazia, ha coinvolto anche altri: “Il Mistero, il destino si comunica all’uomo attraverso una carne, attraverso una realtà di tempo e di spazio, secondo una modalità fisica, delle persone e delle cose, secondo circostanze precise, che delle circostanze naturali mantengono la fragilità e l’apparente futilità: eppure lì dentro c’è Cristo. Questo è la nostra compagnia”. Quante volte ho scambiato l’amicizia con altro, pensandola quasi come una sorta di traino che potesse risparmiare la decisione del mio passo. Quante volte l’ho proposta così, lasciandomi fregare dal ruolo, studiando tutte le cose perché gli altri si muovessero. La telefonata dell’altra sera, e quelle poche righe lette “per caso”, sono stati gli ingredienti più efficaci per riconsegnare il protagonismo di tutto a Colui che ha preso l’unica iniziativa decisiva: diventare Compagnia all’uomo. Tutto fino alla prossima distrazione, e alla Sua ripresa.

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