Le riflessioni di inizio anno del sociologo Mauro Magatti e dell’economista Marco Fortis – entrambi interlocutori abituali del Sussidiario.net – sembrano poter essere messe in collegamento utile, alla ricerca di spunti possibili di sintesi politica.
Al centro delle attenzioni di Magatti è la crisi demografica italiana ma soprattutto l’attitudine del dibattito pubblico a trattarla con inesorabile periodicità da “emergenza” (tipici gli allarmi mediatico-apocalittici sullo spopolamento della penisola nell’arco di una generazione). Il “brevetermismo” di obiettivi e strumenti rappresenta invece il primo e più importante ostacolo all’elaborazione di strategie serie. Né aiutano i tempi e i modi della politica contemporanea: che sembra ormai ridotta a vivere di appuntamenti elettorali e quindi di slogan elementari, l’opposto di scelte complesse. Tanto più che nessuna “politica demografica” con ambizioni reali può essere disegnata a partire da una singola priorità.
Una politica di servizi per la famiglia va certamente ricostruita, sicuramente in Italia. Il superamento di ideologie e demagogie nel reimpostare politiche win-win di gestione dei flussi migratori non è più rinviabile. Il declino demografico si combatte con una politica del lavoro della casa, della scuola. Si affronta con un clima sociale nuovamente consapevole; nel quale perfino una comunità religiosa come quella cattolica – secondo Magatti – è chiamata a ritrovare una capacità di contributo generativo a una cultura della famiglia per l’intero sistema-Paese. È certamente una cornice di grandissimo impegno: ma è quella che – almeno nelle sfide – prefigura l’uscita da una fase di crisi globale che si protrae ormai da quattro anni.
In questo contesto – sottolinea Magatti – diventa cruciale la capacità di aggiornare le categorie di analisi: di farle evolvere e soprattutto di “metterle a terra” in modo nuovo. Ciò che è “debito” (lo è sicuramente quello demografico, come quello finanziario accumulato da uno Stato come l’Italia) va trasformato in “capacità d’investimento”. È d’altronde quest’ultima l’operazione – tutt’altro che linguistica o di magia politica – che il Recovery Plan Ue si sforza di dipanare fin dalla sua strutturazione nei Pnrr post-pandemia. Ed è su questo snodo strategico – all’indomani dell’erogazione della quarta rata di aiuti europei all’Italia – che Fortis rinnova un appello evidentemente ancora indispensabile. Il Pnrr sarà un successo solo se utilizzerà il “debito” (tale resta nella contabilità Ue) a fini esclusivi di “investimento sistemico”: altrimenti sarà un fallimento che né l’Europa, né i singoli Paesi-membri si possono consentire. E una crisi globale di estrema complessità non è un ostacolo, ma uno stimolo a elaborare risposte complesse: proiettate al periodo non corto, guardando alle traiettorie profonde, non a quelle superficiali.
La “transizione demografica” sembra meritare una considerazione pari a quella digitale e a quella eco-energetica nel dare spessore a un “NextGenerationUe 2.0”.
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