L’episodio è famoso. Gesù sta andando per la sua strada quando, a un tratto, sente un rumore di passi che si inseguono veloci fino ad arrivare davanti a lui, alle sue ginocchia. È un uomo che, senza perdete tempo, gli chiede: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Gesù lo sfida: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: ‘Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre’”. Perché non parte dal primo comandamento? Perché ne salta alcuni e ne menziona altri? Che strano elenco è quello di Cristo? Con estrema delicatezza, e una punta di provocazione, il Signore nomina quei comandamenti che chiunque potrebbe mettere in pratica, anche senza credere in Dio. Comandamenti che al suo interlocutore paiono ovvi, tanto da rispondere a Gesù: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Qui, però, accade l’imprevisto: “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: ‘Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!’”.
Il giovane ricco, come la tradizione ha sempre chiamato quell’uomo, non aveva messo nel conto quello sguardo. Aveva preventivato qualche rimprovero, qualche raccomandazione, alcune spiegazioni… ma non uno sguardo come quello che si è ritrovato addosso in quell’istante, il più lungo della sua vita. “Una cosa sola ti manca…”, come a dire: “Dov’eri in tutti i comandamenti che hai rispettato fin dalla giovinezza? Non ti pare di mancare a te stesso? E io, non ti manco?”. Cristo va al cuore della domanda del giovane la cui portata, molto probabilmente, era sfuggita a lui medesimo. Che se ne va “rattristato”, senza più nemmeno quell’impeto che lo aveva spinto a correre da Gesù e a gettarsi in ginocchio davanti a Lui.
Le cose che possono fare tutti non sono in grado di evitarci l’intristimento della vita. Occorre un di più, uno slancio che ci faccia uscire allo scoperto, con il nostro vero volto davanti alla realtà. Come è stata, lo abbiamo visto tutti in questi giorni, la vita di Sammy Basso. Nella lettera, che ha preparato in vista del suo funerale, a un certo punto scrive: “Sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio”.
Davanti allo sguardo d’amore di Cristo uno è costretto a decidersi: andarsene triste, oppure affidarsi, certi che, come dice Gesù ai suoi, “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”. Il punto è con che drammaticità di domanda viviamo la vita.
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