Se il nucleare (pulito) italiano parte in Lombardia

Il Governo vuole rilanciare il nucleare in Italia e la Lombardia sembra essere particolarmente interessata al progetto

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha scelto l’assemblea di Assolombarda per annunciare che entro fine anno il Governo ha in programma un provvedimento quadro per rilanciare l’energia nucleare nel Paese. L’obiettivo è realizzare centrali di terza generazione avanzata (Epr già in funzione anche in Europa) e quindi di quarta generazione. Nel primo caso il nucleare è più “pulito” principalmente grazie a salti tecnologici nella sicurezza, nel secondo raggiungendo standard di efficacia più alta e flessibile, e con soluzioni innovative anche nella gestione delle scorie.



“Il costo dell’energia – ha sottolineato Urso – crea ancora un gap competitivo fra Azienda-Italia e le manifatture nostre concorrenti dirette in Europa, il Governo è giunto alla conclusione che la strada del nucleare va esplorata e percorsa”. L’accelerazione ha subito riscosso il favore del Governatore della Lombardia, Attilio Fontana, mentre le opposizioni (Pd e M5S) hanno subito polemizzato, chiedendo una rapida comunicazione dei siti ipotizzati per la costruzione di small modular reactor, di taglia ridotta e capaci di produrre sia energia elettrica che termica.



Non è affatto passata inosservata la scelta di Milano per un annuncio strategico. Nessuna delle quattro centrali italiane di prima generazione era localizzata in Lombardia, ma due erano ai confini: quella di Trino Vercellese e quella di Caorso. E basta una foto satellitare notturna per osservare quale brilli la fame di energia l’Italia compresa fra le Alpi e gli Appennini: dove è localizzato il grosso del Made in Italy manifatturiero. Certamente non tutto: ma anche il  network nucleare “Italia 1.0” comprendeva due nodi nel Centrosud a Latina e a Caserta. È però ancora in Lombardia che affonda le sue radici l’industria energetica nazionale: prima quella idroelettrica, poi quella termoelettrica, anche attorno al decollo dell’Eni nel secondo dopoguerra. Erano basate in Lombardia alcune delle “sorelle” che furono nazionalizzate sessant’anni fa nella Enel: il gruppo che – secondo molte attese – dovrebbe fungere da locomotiva della nuclearizzazione del Paese, prevedibilmente anche attraverso partnership europee.



La rotta del “nucleare pulito” non è alternativa alla transizione eco-energetica immaginata come esclusivamente indirizzata alle fonti rinnovabili: ma vi si aggiunge, nel ridisegno di una strategia già delineata dalla nuova Commissione europea. Si profila un cammino in cui le variabili politico-culturali non saranno meno importanti di quelle tecnologiche ed economiche. Anche per questo il laboratorio-Lombardia può rivelarsi prezioso.

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