Dalla passione per la realtà è partita l’avventura. Una passione che ha retto nel tempo (tempi non semplici per i giornali) e che ora è arrivata a tagliare il traguardo dei 30 anni. L’avventura è quella di Vita, prima settimanale, poi mensile e sito, tutto dedicato all’informazione sul sociale, inteso nella sua accezione più larga. L’intuizione era stata di Riccardo Bonacina: costruire uno strumento di informazione libero che si reggesse su un patto tra un gruppo di giornalisti e un gruppo di associazioni non profit per dar voce ad un’Italia reale e per raccontare tante straordinarie esperienze di aggregazione dal basso. La realtà e la vita innanzitutto, prima delle teorie e delle opinioni. Del resto il titolo della testata, senza articolo, indicava proprio questo, un’apertura senza schemi che tentava di attuare una raccomandazione di Giovanni Testori: “Fate parlare la realtà, la vita, cercatela lì la parola, fatela scaturire da lì”.
Era l’ottobre del 1994, Testori era morto da un anno e anche Il Sabato, alla cui avventura Bonacina aveva preso parte, aveva dovuto chiudere le pubblicazioni. Si sentiva perciò l’urgenza di raccogliere quell’eredità buona e di tentare di darle nuovamente voce, con convinzione e con umiltà. Il giornale era spartano, ma orgoglioso di non avere padroni se non il mondo che si proponeva ogni settimana di raccontare. Raccontare l’attualità in modo non disperante o pettegolo, ma generativo: questa la regola che ci si era dati.
Attraversare le paurose turbolenze del mondo dell’editoria giornalistica non è stato facile, ma la bontà di quell’intuizione – un patto con grandi realtà associative che avvertivano l’urgenza di poter contare su una narrazione diversa del Paese – ha permesso di tagliare la boa dei 30 anni di storia. Le organizzazioni non profit (tra le altre, realtà come Avsi e Banco Alimentare) hanno fatto anche da antenne preziose per attingere notizie, per seguire da vicino le emergenze sociali e così proporre un’informazione attenta alla realtà e non appiattita sul mainstreaming.
Nel Dna di Vita c’è sempre stato anche un invito ad agire e a lavorare concretamente per un cambiamento e per costruire assetti sociali più umani e più giusti. Il grande serbatoio di saperi, di esperienze e di generosità delle realtà sociali organizzate è la base per questo lavoro di fondo. Ed è la sostanza della due giorni che venerdì 25 e sabato 26 ottobre si terrà alla Fabbrica del Vapore a Milano. Il titolo mette ancora al centro, sviluppata in verbo, la parola chiave: E noi come vivremo?. Una domanda che sarà sgranata in dieci sessioni dedicate ad altrettante azioni che segnano la quotidianità di tutti, dal “curare” all’“accogliere”, dall’“educare” al “lavorare” e così via, toccando anche la concretezza del “mangiare” o dell’“investire”. Il tutto all’insegna di una fiducia nel futuro che scaturisce da quella passione per la realtà da cui 30 anni fa ha preso il via l’avventura.
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