Durante la presentazione del Piano per il futuro della competitività europea, Mario Draghi ha più volte sottolineato l’urgenza di applicare “in modo più rigoroso il principio di sussidiarietà” a livello di Unione Europea. Sollecitati da questo richiamo, riteniamo utile riprendere i punti cardine di questo principio e riflettere in che cosa oggi esso può essere di aiuto.
Il principio di sussidiarietà si basa sulla collaborazione virtuosa a tutti i livelli tra i diversi soggetti e nuclei di potere. Un principio che riconosce il primato e la dignità di ogni persona e valorizza il ruolo dei soggetti istituzionali e sociali che le sono più prossimi. Nonostante la sua lunga storia, la sussidiarietà assume oggi un ruolo fondamentale perché lo Stato e la società civile da soli non possono affrontare le sfide che abbiamo davanti.
La sussidiarietà – ha scritto Benedetto XVI – “è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità. La sussidiarietà rispetta la dignità della persona, nella quale vede un soggetto sempre capace di dare qualcosa agli altri. Riconoscendo nella reciprocità l’intima costituzione dell’essere umano, la sussidiarietà è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista.” Un coinvolgimento simile era già stato auspicato da Keynes, il quale affermava che “la cosa importante per il Governo non è fare ciò che gli individui fanno già, e farlo un po’ meglio o un po’ peggio, ma fare ciò che presentemente non si fa del tutto”. Il contrario di ciò che sosteneva Nietzsche quando affermava che “solo dove finisce lo Stato comincia l’uomo”.
La cultura sussidiaria è, per sua natura, un pensiero che trova sbocco nella concretezza della collaborazione tra la pluralità di soggetti, adoperandosi così per l’inclusione e la solidarietà e contribuendo alla riduzione delle disuguaglianze. Dentro tale spirito di collaborazione, la persona si sente liberamente responsabilizzata e quindi costruttrice di bene comune, facendosi soggetto aggregante e propositivo “dal basso”. In un contesto così globalizzato e interconnesso, affinché i processi maturino in traiettorie virtuose, occorre che ciascun soggetto non svolga il proprio progetto in modo autonomo, ma cerchi invece complementarietà e sinergie con altri attori, a vari livelli. Si tratta soprattutto di una questione di fiducia nella possibilità che una partecipazione corale dia nuova linfa al valore di ogni esperienza, potenziandola e aprendole percorsi spesso neanche immaginabili.
Il benessere della generazione presente, come di quelle future, passa dall’assunzione di una responsabilità condivisa: non può esserci miglioramento durevole delle condizioni di vita per ognuno e per tutti senza collocarsi su un sentiero di sviluppo sostenibile. La rete di relazioni intra- e inter-generazionali che il modello sussidiario tende a salvaguardare, grazie anche al ruolo dei corpi intermedi, proietta verso una dimensione di più ampio respiro, necessaria per intraprendere un percorso di sviluppo sostenibile di lungo periodo. Il concetto di giustizia inter-generazionale al cuore della cultura sussidiaria è un elemento fondamentale per conciliare diversi orizzonti temporali e avere una prospettiva che non si limiti al tempo immediato.
In questo senso, essere attenti alle esperienze che nascono dal basso può essere di grande aiuto per individuare quelle soluzioni di cui oggi più che mai abbiamo bisogno, come Paese e come Unione europea.
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