L’edizione tonda della Giornata Mondiale del Risparmio – la centesima si celebra oggi a Roma – ispira riflessioni non banali: come da alcuni decenni racchiuse per l’Italia dall’indagine campionaria commissionata dall’Acri all’Ipsos. Dopo cinque anni di forti tensioni economico-finanziarie indotte prima dal Covid e poi dalle crisi geopolitiche (in particolare con una fiammata inflazionistica), la survey consegna una situazione relativamente confortante: oltre a una percezione stabilizzata (se non migliore) del clima economico generale e individuale e delle sue aspettative, più della metà delle famiglie interpellate conferma la propria capacità di risparmio (e una minore difficoltà a farlo rispetto al passato prossimo).



Rimane nel frattempo forte come in passato la convinzione che la propensione al risparmio di ciascun italiano abbia un impatto correlato sulla resilienza e sullo sviluppo del Sistema-Paese: che la ricchezza finanziaria delle famiglie (oggi al di sopra dei 10mila miliardi di euro) resti una risorsa strategica di massimo livello. Non da ultimo, le turbolenze persistenti sui diversi mercati hanno suggerito impieghi del risparmio a rischio molto controllato.



Il cambiamento che Ipsos intercetta è d’altronde nell’approccio delle generazioni più giovani (Z e Millennials) rispetto ai Boomers, ormai divenuti tutti statisticamente over 60. Bene, i “padri/nonni” si mostrano ancora saldamente ancorati a una cultura del risparmio in cui la parole-chiave era “virtù”: il risparmio vissuto come un pilastro della gestione finanziaria personale, a riflettere prudenza e saggezza, e rendere visibile a se stessi e agli altri la capacità della famiglia di gestire adeguatamente e con oculatezza le proprie risorse. La garanzia della sicurezza finanziaria della famiglia era affidata a un impegno verso il futuro che richiedeva disciplina e sacrificio, ed era una dimostrazione di responsabilità e lungimiranza. Il risparmio diventava una risposta naturale alle incertezze della vita, un modo per proteggersi da eventuali imprevisti finanziari, come malattie o perdita del lavoro. Da una tale cultura del risparmio tradizionalmente nasceva – e continua in parte a nascere – un forte senso di comunità e di continuità intergenerazionale. Il risparmio era strettamente legato a obiettivi concreti e tangibili, come l’acquisto di una casa, l’educazione dei figli o il finanziamento della pensione.



Questa concezione tradizionale del risparmio – secondo Acri-Ipsos – ha ha subito un’evoluzione. Se alcuni principi fondamentali del risparmio rimangono invariati, specie per le persone più mature, le priorità e le strategie delle nuove generazioni si sono adattate a un mondo più interconnesso, dove l’accesso alle informazioni, la digitalizzazione e le nuove tecnologie finanziarie hanno ampliato le possibilità di gestione del denaro e di progettazione della propria vita. Il risparmio continua a venire dal passato, ma a guardare al futuro: a essere accumulato ed eventualmente utilizzato più dinamicamente e flessibilmente per raggiungere specifici obiettivi.

I giovani appartenenti alle generazioni Z e Millennials, tendono ad associare il risparmio maggiormente a concetti di crescita (18%) e investimento (15%) rispetto ai Boomers (rispettivamente 8% e 2%). Le priorità di risparmio riflettono anche un cambiamento nei bisogni e nei desideri. I più maturi tendono a risparmiare principalmente per far fronte a un futuro incerto, concentrandosi su spese impreviste, al rischio di spese mediche (rispettivamente 61% e 50%) e per raggiungere la sicurezza finanziaria. Al contrario, i giovani sembrano più orientati al presente, risparmiano per permettersi viaggi e svaghi (Gen Z pari all’28%; Millennials pari al 29%), indice di un desiderio di esperienze piuttosto che di accumulo di beni materiali, che è una delle cifre delle nuove generazioni. I giovani della Generazione Z e i Millennials sono consapevoli di avere priorità e obiettivi di risparmio differenti da quelli dei loro genitori (lo dichiarano rispettivamente il 63% e il 64% vs il 56% del totale) e seguono le loro priorità.

È su questo sfondo che il risparmio pregresso – la ricchezza finanziaria – rimane dislocato in modo ineguale: ancora largamente controllato dalla terza e quarta età, su una frontiera demografica a sua volta sconvolta. È una questione che – come Acri e Ipsos confermano – resta largamente innestata negli strati profondi della socio-economia: non facilmente riformabili per via politica, anche se lo snodo della fiscalità delle successioni resta cruciale.

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