Nel rione Sanità, a Napoli, si consuma l’ennesimo fatto di sangue verso un ragazzino di 15 anni. Ma la città non è solo quella raccontata da alcuni scrittori: in tanti luoghi rinasce la vita. Lo dimostra ad esempio Icaro, un centro di aiuto allo studio in cui decine di professori salvano dall’abbandono scolastico e dall’emarginazione centinaia di ragazzi. Così, per tanti, la speranza rinasce.
Giovedì scorso nel quartiere Sanità di Napoli c’era nel contempo morte e vita. Il quartiere dove è nato il grande Totò, così descritto dallo scrittore partenopeo Ermanno Rea: “Strade strette e tortuose, palazzi fatiscenti, alle spalle una storia lunga più di due millenni, testimoniata da ipogei, sepolcri scolpiti, scale che scendono sottoterra come volessero raggiungere le viscere del pianeta.”
Giovedì un ragazzino di 15 anni del Rione Sanità è stato ucciso a colpi di pistola, uno scontro tra giovanissimi assoldati dalla camorra. In quelle strade, nello stesso giorno, centinaia di alcuni ragazzi, famiglie e amici dell’associazione Icaro si sono ritrovati nella Chiesa di Santa Maria dei Vergini per testimoniare che esistono dei luoghi dove è possibile educare. Icaro è nata qualche anno fa da un gruppo di amici, insegnanti e non, che hanno desiderato un luogo dove degli adulti potessero incontrare i ragazzi e sostenerli gratuitamente nella loro difficoltà scolastica. Spesso i volontari sono universitari che hanno solo qualche anno in più dei ragazzi a cui fanno lezione. Così mentre i TG nazionali e i giornali parlavano di una camorra che attrae e usa ragazzini sempre più piccoli, di una città in cui la crescita esponenziale del turismo non determina un risanamento del tessuto sociale, la possibilità di una storia diversa veniva raccontata.
Giulia frequenta il liceo, due anni fa aveva deciso di abbandonare la scuola e ha raccontato il suo percorso: “Mi trovavo in un momento estremamente buio. Era come se avessi perso ogni speranza, ogni motivo per continuare. Mi sentivo intrappolata, senza via d’uscita. È stato in quel momento che ho avuto la fortuna di incontrare una professoressa che con la sua accoglienza e il suo modo di trattarmi mi hanno fatto credere che io valessi come persona. Arrivare qui a Icaro mi ha permesso di poter ricominciare, insegnandomi che le mie sofferenze non definivano chi ero. La pazienza di tutti loro, partendo dalla mia oramai amica Alfonsina, la volontaria con cui studio, il suo incoraggiamento, la sua dedizione, sono stati i primi passi verso la mia rinascita.”
Juan è invece un giovane professore di Madrid, trasferitosi lo scorso anno a Napoli. Appena arrivato, su suggerimento di un’amica è andato ad insegnare spagnolo come volontario. Durante la serata ha condiviso la sua esperienza: “Per gli studenti Icaro è uno spazio protetto, in cui respirare meglio. Anche i ragazzi alla loro età si sentono stranieri, come me. Molti lo sono di fatto, ma si tratta di un sentire condiviso perché, per loro, la sfida perenne è trovare un equilibrio con il mondo esterno e far riconoscere i propri talenti, soprattutto quando sembra che per tutti gli altri quell’equilibrio venga dato per scontato. In questo senso quello che ho trovato a Icaro è un fatto che si ripete da sempre e ovunque: che i ragazzi ti chiedono nel fondo di non essere giudicati e di non essere considerati come un caso in più tra i tanti. A Icaro questo fatto viene accolto.”
Alessia è una studentessa del secondo anno di medicina, anche lei ha testimoniato cosa sta scoprendo facendo lezione di matematica e fisica: “Ho rivisto nei ragazzi le stesse incertezze e fragilità che avevo superato negli anni precedenti. Sono stata sorpresa dai loro racconti, dal sorriso con cui mi dicevano di aver superato la paura di andare volontari alla lavagna, dalla soddisfazione con cui mi raccontavano di avercela fatta: perché in fondo in alcuni casi per superare le proprie paure serve solo qualcuno che ti accompagni per mano e infonda sicurezza. Quando gli impegni diventano troppi e difficili da gestire e non riesco ad andare ad Icaro, rimane in me il desiderio di incontrare quei ragazzi, perché nell’ora in cui loro imparano a risolvere esercizi e si cimentano in conversazioni in inglese, sento crescere in me un senso di umanità e connessione con il mondo reale.”
Come ha detto Giorgio Vittadini durante l’incontro, è solo lo stupore di fronte a una bellezza inaspettata che riaccende il desiderio del cuore, solo l’essere afferrati “totalmente” permette di abbandonarsi e scoprire il proprio talento. Fernanda, raccontando la sua storia, ha invece reso evidente a tutti che muoversi per un ideale apre nella vita orizzonti nuovi e rende costruttori di una umanità diversa.
La chiesa era gremita di gente, che si è trovata di fronte a un fatto: la morte di quel ragazzo di 15 anni non era l’ultima parola sulla vita.
Ciò che è emerso in tutti gli interventi è un cuore inquieto e vivo, che cerca qualcuno che lo compia. Ritornano così le parole di Sant’Alfonso Maria dei Liguori, che in quella chiesa è stato battezzato: “Il Paradiso di Dio è nel cuore dell’uomo”.
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