Noi cos’abbiamo per vivere? Il Vangelo di questa domenica ci presenta una scena semplice e netta in cui Gesù: “Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: ‘In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere’” (Mc 12, 41-44).



Cristo si lascia provocare da ciò che vede. In verità tutti vedono quello che sta vedendo lui, ma solo a lui la realtà parla con un’intensità unica. Il gesto di quella vedova povera deve averlo colpito in modo particolare, commosso fino a indicarlo come metodo a tutti gli altri. Certo, l’episodio è carico di tutta la polemica contro un certo modo di intendere la religiosità che si era insinuato nel popolo, ma il gesto della vedova toglie energia persino alla polemica e apre lo spazio alla vera domanda: noi cos’abbiamo per vivere? Qual è il nostro essenziale? Lo stiamo già mettendo in gioco o siamo ancora fermi a dispensare il superfluo?



C’è un gesto, in queste settimane, che mi sta colpendo, quando entro in una delle mie classi. Appena iniziata la lezione alcuni prendono le loro sedie e vengono a sedersi di fronte a me, come se avvertissero la necessità di un coinvolgimento nuovo. Sarà per la potenza delle loro domande che stiamo approfondendo, sarà perché stanno crescendo, fatto sta che il primo a essere assolutamente stupito da quell’impeto sono proprio io. È un esempio di come uno, a un tratto, messo da parte il superfluo di attenzione, di presenza, di energie, si decida a mettere mano all’essenziale.

Dio ha fatto da sempre con noi così. Sto scrivendo questo articolo immerso nei vigneti dell’Alto Adige. Il pomeriggio è scaldato da un sole i cui raggi colorano con infinite tonalità le foglie ingiallite delle piante. In collina i camini fumano lasciando intuire il clima di intimità delle case. Lo scenario è bellissimo, da lasciare incantati. Tutto dice di uno “spreco” perché qualcuno se ne potesse accorgere. Cristo indica il metodo del gesto della vedova povera, perché è lo stesso metodo di Dio: dare tutto.



Solo una commozione come quella di Gesù ci consentirà di rimanere colpiti davanti a tutti gli esempi da cui siamo circondati. L’alternativa è la gabbia del superfluo che, come le sabbie mobili, ci inghiottirà in una spirale di dimenticanza di sé impressionante. Un amico, Gianni Mereghetti, l’ha scritto in una poesia in questi giorni: “Oggi ho portato pesi che mi hanno incurvato, non sono stato io a reggerli, troppo per la mia fragile apparenza, c’è qualcuno che si curva su di me anche se non lo invoco, anche in questa coltre di nebbia mi sembra di non essere solo, nel buio c’è una figura umana che avanza!”. Che dono scoprire la presenza del vero Presente, che non risparmia nulla di sé perché in noi fiorisca l’amore all’essenziale.

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